Siria, l'esercito di Damasco avanza verso nord: "Fermeremo aggressione turca"

Dopo alcune indiscrezioni delle scorse ore, arrivano prime conferme sulla decisione di Damasco di inviare truppe siriane verso le zone curde. Il governo di Bashar Al Assad considera quella turca un'aggressione, mentre Usa e Russia mediano con i curdi

Siria, l'esercito di Damasco avanza verso nord: "Fermeremo aggressione turca"

La notizia circola da ore sui siti di informazione siriani, ma soltanto nel tardo pomeriggio arrivano le conferme ufficiali: truppe di Damasco stanno entrando nei territori controllati dalle Sdf, ossia le milizie filo curde in questo momento sotto l’attacco dell’esercito turco.

Secondo il governo siriano, come si legge in un lancio dell’agenzia Agi, quella di Ankara è una vera aggressione contro l’integrità territoriale del paese arabo e dunque il presidente Assad ha dato ordine di spostare verso nord i soldati.

Le notizie nel pomeriggio di questa domenica, riferiscono tramite fonti russe di contatti mediati da Mosca ma anche da Washington per portare ad un accordo tra Sdf ed esercito siriano. La prima città oggetto dell’intesa, dovrebbe essere quella di Manbji, a nord di Aleppo: qui dall’agosto 2016 sono presenti le milizie filo curde, le quali hanno cacciato l’Isis durante le loro avanzate ad ovest dell’Eufrate.

Già nei mesi scorsi in realtà in più occasioni si è parlato di un parziale ritiro curdo a favore del ritorno della città sotto l’orbita di Damasco, ma poi non si è mosso più nulla. Adesso, complice l’avanzata turca, sembrerebbe esserci qualcosa di concreto. E non è forse un caso che, nelle stesse ore in cui Assad ha iniziato a muovere le sue truppe verso Manbji e verso aree sotto il controllo dell’Sdf, da Washington Trump ha annuncato lo spostamento di mille militari verso le zone più a sud del confine turco.

L’accordo tra Damasco e curdi in realtà non è stato al momento ufficializzato, ma i movimenti sul campo delle ultime ore stanno mostrando un repentino cambiamento della situazione figlio quanto meno di contatti tra le due parti.

Il contenimento delle avanzate delle milizie filo turche, dovrebbe quindi toccare ad Assad il quale, tra le altre cose, in questo modo riprenderebbe in mano territori che non controlla più da almeno cinque anni. Un modo per Damasco anche per accelerare il processo di riunificazione del paese, anche se ovviamente per adesso la priorità è data dal bloccare l’ingresso di nuovi miliziani dalla Turchia.

E mentre tutti i vari attori sul campo appaiono sempre più, ciascuno per la sua parte, protagonisti delle varie ultime novità, l’Europa invece dal canto suo appare con un ruolo sempre più marginale. L’unico leader del vecchio continente a parlare in queste ore è Emmanuel Macron: il presidente francese, si legge ancora sull’Agi, ha convocato una riunione ristretta all’Eliseo ed avrebbe espresso la sua preoccupazione in merito la possibile crisi umanitaria scaturita dall’attacco turco nel nord della Siria.

Intanto, dopo l’uccisione di nove civili avvenuta ieri a Tal Abyad, prima importante città in mano curda a cadere sotto l’occupazione delle milizie filo turche, in queste ore si sono registrate altre vittime innocenti. In particolare, come ha riferito l’Osservatorio siriano per i diritti umani, dieci persone sono state uccise a causa di un raid dell’esercito turco lungo alcune località del confine.

Tra di essi anche un

giornalista curdo dell’agenzia Hawar News: “Il nostro corrispondente, Saad Al-Ahmad, che stava accompagnando il convoglio, è stato martirizzato”, comunicano gli stessi responsabili della testata curda.

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