Dal 1580 ad oggi si possono contare poco meno di 3000 attacchi di squalo - dieci percento dei quali sono fatali. Tra le specie più conosciute per l’aggressività vi sono i Squali Bianchi, Toro e Tigre. Sono animali idealizzati come assassini, bramosi di sangue. Dei veri killer spietati.
Bisogna però fermarsi e fare un passo indietro. Da dove vengono gli squali? Quali sono i tratti comportamentali e territoriali? "Lo Squalo vanta più di 450 milioni di anni di evoluzione" spiega la dott.ssa Toby Daly-Engel, professoressa di biologia marina presso il Florida Institute of Technology. “È il primo animale ad avere una mascella ed ha creato una nuova definizione di preda in natura. Ha la capacità di percorrere lunghi viaggi e quindi di espandere il proprio habitat come pochi”. L’uomo, in paragone, ha circa 200.000 anni di evoluzione, solo 20.000 se pensiamo allo “sapiens”. Lo squalo, con i suoi milioni di anni di evoluzione, è diventato un animale alquanto particolare. Vive tra i 2-400 anni di età (lo squalo Bianco circa 100) e si riproduce molto più lentamente rispetto all’uomo. Il periodo di gestazione è anche alto tra i 7 e 24 mesi. Alcune specie hanno un vero e proprio cordone ombelicale e producono una sostanza simile al latte materno. Solo alcuni squali nascono da uova, la maggiorparte nascono vivi proprio come l’uomo.
Cosa bisogna apprendere da questi numeri e fatti? L’uomo non fa parte della catena alimentare dello squalo. La ricerca dimostra che lo squalo è un animale opportunistico: estremamente attento ed uno stratega. “Non è un predatore senza cervello” continua Daly-Engel “le sue azioni non sono spinte dalla fame”. Un esempio è il loro colore: chiaro sul ventre (cosi da non essere visto dal basso) e più scuro sulla schiena (per non essere visto dall’alto). Questo per mimitizzarsi alla vista degli altri animali e poter attaccare con l'effetto sorpresa. Come già detto, l’attacco è strategico. Lo squalo infatti tipicamente attacca con un morso e poi si ritira, ritornando quando la preda è debole, stanca e la probabilità di resistenza è minima. È quindi quasi impossibile essere mangiati dagli squali perchè noi umani, se morsi, semplicemente abbiamo il tempo di uscire dall’acqua.
Ma se l’uomo non fa parte della catena alimentare dello squalo, perchè ci sono comunque attacchi? Daly-Engel racconta che “gli squali riconoscono la preda visualmente. I giovani, che di solito sono quelli che attaccano più comunemente vicino alle spiagge, confondono l’uomo con una preda”. Facciamo un esempio. L’istinto dello squalo è di attaccare una tartaruga. Vista dal basso questa è una figura ovale con due pinne davanti e dietro. Prendiamo ora un surfista che, adagiato sulla tavola, nuota verso il largo. La somiglianza dal basso controluce è notevole e lo squalo potrebbe attaccare perchè semplicemente confuso. Chi però non ha mai visto uno squalo bianco in televisione che morde ripetutamente le gabbie di esplorazione abbassate da una nave? Anche questo fenomeno spiegato brillantemente dalla ricercatrice statunitense. “Gli squali hanno un “elettro-senso” che permette di identificare una preda nascosta sul fondale e di navigare usando il campo magnetico terrestre. Abassando una gabbia metallica in acqua salata crea una confusione a questo senso talmente incredibile da scatenare anche paura. Senza braccia, lo squalo deve utilizzare la bocca per identificare, conoscere e capire di cosa si tratta”.
I media molto spesso enfatizzano gli attacchi dagli squali. Il tutto è naturalmente capibile. Trovarsi a confronto con uno squalo bianco e restare calmi o indifferenti non è proprio facile. Però, la paura può portare alla passione e la passione allo studio. È questa una delle missioni di Toby Daly-Engel: condividere la sua passione per ridurre la paura. E non solo. Lo squalo, come specie in generale, è in grave pericolo di estinzione. Ogni anno si uccide attorno ai 100 milioni di esemplari. Ci sono già zone protette nell’Oceano Pacifico orientale degli Stati Uniti, ma la pesca rimane poco regolamentata. Basti pensare alle famose zuppe di pinna di squalo che vengono spesso consumate durante cerimonie come simbolo di status sociale. La cosa che fa veramente male, spiega la dott.ssa Daly-Engel, è che “specie di squali sono in estinzione prima ancora che la scienza abbia la possibilità di descriverli”. La grande pesca, in combinazione con il lungo periodo di gravidanza ed il tempo necessario per far diventare uno squalo adulto (tra i 10-15 anni), fa si che lo squalo si avvicini all’estinzione vertiginosamente. In breve, si uccide l’animale ben prima che abbia la possibilità di riprodursi.
Torniamo però agli attacchi. Ci si chiede, giustamente, come difendersi o evitare attacchi dagli squali. C’è un’ottima regola da ricordarsi: mai apparire come una preda. Come fare? Semplicemente non agitandosi (e quindi apparire come un pesce ferito) e restando il più possibile in verticale. “Non esiste preda con due gambe nella loro catena alimentare e quindi difficile che attacchi senza riconoscere” continua Daly-Engel “lo squalo può pensare che sia una cosa pericolosa e preferisce muoversi in cerchio attorno alla preda per appunto capire se è oppure no una preda”. Un altro mito è il famoso “pugno sul naso”. Non che bisogni mettersi a combattere con uno squalo, ma un “segno di resistenza” è visto dall’animale come un pericolo, un’incertezza che strategicamente non vale la pena rischiare di attaccare.
Gli attacchi da squali sono rari. Ci sono più morti all’anno dovuti ad ippopotami, vulcani, oppure vasche da bagno, distributori di merendine, alberi di natale, würstel. La gente muore più comunemente per colpa di “selfie” che da uno squalo.
In effetti lo squalo ha 450 milioni di anni di evoluzione sulle spalle. È perfetto per il suo ambiente, in tutti i sensi. “Se volesse attaccare e mangiarci” conclude Toby Daly-Engel, “lo farebbe sempre senza problemi”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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