Situazione tesa lungo il confine tra Kosovo e Serbia. La "guerra delle targhe", come è stata soprannominata l'ultima disputa tra i due Paesi confinanti, ha riacceso vecchie tensioni. È per questo motivo, e in risposta ai recenti sviluppi, che la missione KFOR (Kosovo Force) a guida Nato ha incrementato il pattugliamento presso le principali vie di traffico interessate da blocchi stradali e schierato unità ai valichi di frontiera di Jarinje e Brnjak.
Tensione alle stelle
Ma che cosa è successo? La situazione è precipitata quando il governo del Kosovo, indipendente dalla Serbia dal 2008 ma non riconosciuto da Belgrado e altre nazioni, ha deciso che i mezzi provenienti dal territorio serbo, per entrare in quello kossovaro, devono essere registrati con targhe provvisorie riportanti la dicitura Ks. Il governo serbom tra l'altro, richiede la stessa misura, con targhe serve, ai veicoli kosovari.
In ogni caso, la mossa del Kosovo ha scatenato la minoranza serbo-kosovara, che ha aggredito gli automobilisti con la targa del Kosovo, assalito l'ufficio del registro automobilistico e bloccato le strade del Paese. Pristina ha così inviato le forze di polizia nelle città di Jarinje e Brnjak, mentre Belgrado ha inviato i caccia a sorvolare la frontiera.
Il ruolo della KFOR
La KFOR mantiene una postura imparziale, robusta, agile e flessibile per far fronte a tutte le possibili contingenze. Il Generale Franco Federici, Comandante della missione Nato in Kosovo, è rimasto in stretto contatto con tutte le parti coinvolte, per contribuire a una rapida de-escalation con una intensa azione di dialogo ascolto e proposte.
Fornire un ambiente sicuro e protetto e la libertà di movimento per tutte le comunità che vivono in Kosovo. È questo il ruolo della KFOR, concentrata sull'attuazione quotidiana del suo mandato, derivato dalla risoluzione 1244 del 1999 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Le misure adottate, discusse in precedenza dal comandante della KFOR con tutte le istituzioni del Kosovo e con i sindaci dei Comuni del Nord, sono finalizzate a "favorire un rapido allentamento delle tensioni createsi nell'ultima settimana e a ripristinare un ambiente sicuro e di libertà di movimento per tutte le comunità in Kosovo". Ancora una volta, dunque, l'Italia gioca un ruolo di primissimo piano nell'area balcanica, in una vicenda delicatissima.
La risposta dell'Europa
Nel frattempo la questione ha ovviamente interessato anche Bruxelles, secondo cui il dialogo facilitato dall'Unione europea tra Serbia e Kosovo è l'unica piattaforma per risolvere la situazione attuale. Lo ha ribadito il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel corso della conferenza stampa congiunta a Pristina con il premier kosovaro, Albin Kurti.
"Risulta importante utilizzare il dialogo per trovare una soluzione sostenibile. La cooperazione è l'unico modo per andare avanti", ha chiarito in riferimento alle tensioni nel nord del Kosovo. Von der Leyen ha quindi ricordato che l'Ue è al fianco del Kosovo di fronte alla pandemia di Covid-19 avendo assicurato al Paese la donazione di vaccini e il sostegno all'occupazione.
"Sosteniamo gli sforzi per ricostruire un'economia più solida. Il percorso di Pristina è chiaro e il suo futuro è nell'Unione europea, ma i ritardi in questo processo diminuiscono la credibilità dell'Ue", ha concluso la presidente della Commissione europea.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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