Donald Trump è scatenato. Da un lato esulta per l'annunciato rientro di capitali di Apple (che pagherà 38 miliardi di tasse, creando almeno 20mila nuovi posti di lavoro negli Usa), dall'altro perché, gongolando, annuncia che il primo premio per le Fake News va al New York Times, suo acerrimo nemico. In totale sono undici le storie inventate denunciate dal presidente, attraverso il sito del Partito repubblicano. Trump non manca di lodare il lavoro della stampa: "Ci sono molti grandi reporter che rispetto e un sacco di buone notizie per cui gli americani devono sentirsi orgogliosi".
Nell'elenco dei bugiardi viene citato esplicitamente Paul Krugman, per aver sostenuto, il giorno dell'elezione di Trump, che "l'economia non si sarebbe più ripresa". Preso di mira anche il giornalista della Abc Brian Ross, per aver sostenuto che l'ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn avrebbe testimoniato che il presidente Trump gli aveva chiesto di contattare i russi subito dopo le elezioni, un errore per cui la Abc aveva sospeso Ross.
Premiato anche il Time, per aver scritto che Trump aveva rimosso il busto di Martin Luther King dallo studio ovale della Casa Bianca, e Cnn, per la notizia secondo cui Trump e il figlio Donald jr avevano avuto accesso alle mail di Hillary Clinton trafugate dagli hacker russi, una notizia che i giornali americani avevano subito dopo smentito come errata.
Il Washington Post è stato premiato per la notizia, anche in questo caso un tweet di un reporter e subito corretto, dei moltissimi posti vuoti durante un intervento di Trump a Pensacola, in Florida. Viene inoltre denunciata, all'undicesimo posto, come "la più grande bufala ai danni degli americani", la presunta collusione con la Russia.
Poco dopo la pubblicazione dell'elenco delle Fake news il sito del Republican National Committee è andato in tilt, per i troppi accessi simultanei. Tornato online il sito ricorda che "il 2017 è stato un anno di in cui i giornalisti hanno seguito scorrettamente" Trump, e cita "studi che hanno dimostrato come oltre il 90% della copertura data dai media Usa del lavoro del presidente è stato negativo".
Per tutta risposta il Washington Post ha replicato all'iniziativa denunciando le oltre duemila dichiarazioni false o ingannevolidel presidente. La guerra di numeri va avanti. Chi la spara più grossa vince?
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