Da oltre due anni, come in un riflesso pavloviano, parlare di India in Italia significa esclusivamente affrontare il problema dei due marò o, tutt’al più, occuparsi di qualche matrimonio di miliardari in una località del Sud. Nel frattempo, però, l’India ed il mondo hanno continuato ad andare avanti, incuranti dei mal di pancia italiani. Narendra Modi è il nuovo premier del grande Paese asiatico. Ed ha messo fine alla disastrosa dinastia dei Gandhi, guidata da “Sonia l’italiana”. E questo dovrebbe contribuire a comprendere la scarsa simpatia di cui godeva l’Italia, assimilata all’immagine del governo indiano corrotto ed inetto.
Ora, però, con Modi, Nuova Delhi è tornata ad avere un ruolo di primo piano sullo scenario internazionale, dopo aver dilapidato fortune immense e dopo aver smentito il ruolo di potenza internazionale con l’inserimento nei Bric. In poche settimane l’India ha incassato promesse di investimenti per 35 miliardi di dollari da parte del Giappone ed altri 20 miliardi dalla Cina. Pechino e Tokyo sono interessate, soprattutto, ad intervenire sull’indispensabile ammodernamento delle inadeguate infrastrutture indiane.
Perché un Paese con velleità di protagonismo non può continuare a sopravvivere con ferrovie indecenti, con strutture inadeguate, con corruzione pubblica ed inefficienze private. Modi vuole intervenire anche sulla mentalità degli indiani, rendendoli più “occidentali”, obbligandoli a ritmi di lavoro molto più rapidi, ad eliminare un elefantiaco apparato burocratico che rende tutto più lento e meno competitivo.
Ma Nuova Delhi è corteggiata non solo per le immense potenzialità economiche, ma anche per il ruolo geopolitico che può e deve avere nella zona. Giappone e Stati Uniti vogliono ribaltare il tradizionale rapporto privilegiato dell’India con la Russia. E non a caso le vendite di armi americane a Nuova Delhi hanno superato quelle delle armi vendute da Mosca. Ma anche la Cina è interessata a ripristinare rapporti favorevoli con Nuova Delhi dopo i contrasti, e la guerra, del passato.
Modi deve così decidere dove posizionare il subcontinente indiano. Per cominciare lo inserirà nella Shangai Cooperation Organization, collocandolo dunque nell’area della cooperazione centroasiatica. Ma senza per questo trascurare di guardare agli Stati Uniti. Mentre, anche in questo ambito, l’Europa conta sempre meno. Nonostante l’interesse indiano per il Vecchio continente ed anche per l’Italia. Basti pensare all’offensiva indiana sul fronte dell’acciaio. Il gruppo Arcelor Mittal, in accordo con Marcegaglia, vuole l’Ilva. Ma interessato all’Ilva, oltre che alla Lucchini di Piombino, è anche un altro colosso indiano, Jindal. Con l’Italia in svendita, è ovvio che chi ha denaro da investire arrivi in forze. E non soltanto per organizzare matrimoni da favola in Puglia.
Alessandro Grandi
Think tank “Il Nodo di Gordio”
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