È morto il capo della Polizia, Antonio Manganelli

Manganelli era stato ricoverato nel reparto di Rianimazione dell’ospedale San Giovanni di Roma il 24 febbraio, dopo essere stato colpito da una emorragia cerebrale

Il capo della polizia, Antonio Manganelli
Il capo della polizia, Antonio Manganelli

Una vita al servizio delle istituzioni. Questa mattina è morto Antonio Manganelli. Il capo della Polizia, che a dicembre avrebbe compiuto 63 anni, era ricoverato, da oltre tre settimane, nel reparto di rianimazione dell’ospedale San Giovanni di Roma.

Manganelli era nato ad Avellino l’8 dicembre 1950 e ha percorso le tappe più importanti della sua carriera nella polizia di Stato fianco a fianco all’ex capo del corpo Gianni De Gennaro, di cui è diventato vicario dal 3 dicembre 2001 e del quale ha preso, poi, il posto al vertice della Polizia il 25 giugno 2007. Manganelli, che da due anni combatte contro il tumore che l’ha colpito, era stato ricoverato d’urgenza al San Giovanni di Roma il 24 febbraio. Operato per l’asportazione di un edema cerebrale dall’equipe neurochirurgica guidata dal dottor Claudio Fiore, il capo della polizia non ha mai lasciato il reparto di rianimazione: dopo l'operazione era, però, insorta un’infezione respiratoria che ieri sera era peggiorata facendo precipitare le sue condizioni. Domani alle 15, all’Istituto superiore di Polizia in via Pier della Francesca, si aprirà la camera ardente. Venerdì probabilmente o sabato si celebreranno i funerali.

Laureato in Giurisprudenza all’Università di Napoli, Manganelli si è specializzato in Criminologia clinica nella facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Modena. Dagli anni Settanta ha operato nel campo delle investigazioni, acquisendo particolare esperienza e preparazione tecnica nel settore dei sequestri di persona a scopo di estorsione prima e, in un secondo momento in quello dell'antimafia. Ha lavorato al fianco dei più valorosi magistrati e di organi giudiziari investigativi europei ed extraeuropei, dei quali è diventato negli anni un punto di riferimento, legando il suo nome anche alla cattura di alcuni dei latitanti di maggior spicco delle organizzazioni mafiose. È ancora giovane quando insieme a De Gennaro diventa uno degli investigatori più fidati di Giovanni Falcone in Sicilia. Sono gli anni della cattura del boss Tommaso Buscetta in Brasile e delle grandi inchieste di mafia che porteranno poi al maxi processo contro i boss di Cosa nostra.

Manganelli è stato docente di "Tecnica di polizia giudiziaria" all’Istituto superiore di polizia ed è autore di pubblicazioni scientifiche in materia di sequestri di persona e di tecnica di polizia giudiziaria, tra cui il manuale pratico delle tecniche di indagine Investigare scritto con il prefetto Franco Gabrielli, all’epoca direttore del Sisde e ora capo della Protezione civile. Manganelli ha diretto il Servizio centrale di Protezione dei collaboratori di giustizia, poi il Servizio centrale operativo (Sco) ed è stato questore di Palermo (dal 1997) e di Napoli (dal 1999). Nel 2000 è stato nominato dal Consiglio dei ministri prefetto di Prima classe, con l’incarico di direttore centrale della polizia criminale e vice direttore generale della pubblica sicurezza. Dal 3 dicembre 2001 Manganelli è stato vice direttore generale della pubblica sicurezza con funzioni vicarie. Il Consiglio dei ministri dell'allora governo Prodi lo ha nominato capo della Polizia il 25 giugno 2007.

Durante il suo periodo al vertice della polizia sono stati catturati alcuni del latitanti di "massima pericolosità", come i boss di Cosa Nostra Giovanni Arena, Sandro e Salvatore Lo Piccolo, i boss camorristi dei Casalesi Michele Zagaria e Giuseppe Setola, quelli della ’ndrangheta Giovanni Strangio e Domenico Condello.

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