È morto il chirurgo Staudacher

Novantadue anni sono molti per un uomo di temperamento abituato a combattere. Eppure Vittorio Staudacher ci è arrivato. La sua morte evoca tante battaglie e tanti successi.
Un altro vip del mondo universitario, il clinico medico Nicola Dioguardi, ebbe a definirlo «un grande coltello». L’espressione, piuttosto insolita, intendeva mettere in risalto la sua abilità di chirurgo, la sua precisione nell’uso del «coltello» (evidentemente era il bisturi), la sua eccezionale bravura.
A Milano Staudacher avrebbe potuto conquistare con merito una cattedra di Clinica chirurgica. Gli assegnarono quella di Chirurgia d’urgenza, che servì per formare una nuova classe di specialisti molto rigorosi. Non chiese di più, perché non era nel suo carattere invocare promozioni.
Una leggenda metropolitana vuole che egli abbia cavalcato il Sessantotto schierandosi subito con gli studenti in rivolta. È una leggenda che non ha solide basi. Di sicuro c’è che Staudacher non faceva il censore e si presentava alle assemblee con tanto di maglione nero a girocollo... troppo poco per iscriversi al partito della rivoluzione. Il nostro ricordo è quello di un uomo sincero, estroverso, forse provocatore ma capace di grandi gesti. È soprattutto il ricordo di un grande chirurgo che ha illustrato la nostra Università.


Ha passato molti degli ultimi anni in Trentino, in un tetro e grande castello che aveva comprato per farne una sede congressuale. Ogni tanto però la nostalgia lo riportava a Milano dove ormai aveva più amici che nemici. L’Università perde un Maestro.

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