È il 12 luglio del 1987, il cielo è ricoperto di una patina grigiastra di minacciose nuvole, stavolta però la pioggia sembra prendersi un giorno di ferie, mentre sugli spalti dell'autodromo di Silverstone la temperatura inizia a essere incandescente. Gli inglesi hanno un beniamino che li fa palpitare e che devono sospingere oltre ogni limite, infatti dalle tribune soffiano tutti nella direzione di Nigel Mansell. Lo chiamano "Il Leone d'Inghilterra", perché è agguerrito e coraggioso, come il re della Savana. È il pilota della nuova e straordinaria creatura partorita dall'ingegno di Patrick Head e Frank Dernie, la Williams FW11B motorizzata Honda. Non a caso Mansell, il rivale principale ce lo ha in casa ed è quel Nelson Piquet che mal sopporta la convivenza con un cliente spigoloso come il britannico. Al sabato il più veloce è proprio il pilota carioca che beffa il padrone di casa per qualche millesimo di secondo, quanto basta per procacciarsi la pole position e zittire le tribune di Silverstone. Quello che Piquet non sa è che quel giorno Mansell svestirà la tuta da pilota di F1 e indosserà l'abito dell'eroe, come un aviatore di caccia della RAF.
Le Williams volano in testa
Sulla griglia di partenza la tensione si taglia a fette, ed è palpabile il malessere di Piquet. Il brasiliano odia il fatto di non essere la sicura prima guida del team Williams, oltre a doversi misurare costantemente con la figura ingombrante del suo baffuto compagno di box. In testa ha una sola idea, quella di colpire al petto gli inglesi e il loro idolo con una vittoria di forza. Dal canto suo, Mansell desidera salire sul gradino più alto del podio e far impazzire di gioia il suo popolo che lo sta spronando con ogni mezzo a disposizione. Dentro al casco sente gli incitamenti, le sinfonie delle trombette suonare per lui e legge degli striscioni che lo incoronano come principe dei cuori locali. Tuttavia, allo spegnimento dei semafori, il più lesto di tutti è Alain Prost con la McLaren Tag/Porsche, che nel più classico dei "fra due litiganti il terzo gode", si prende il comando della corsa. Il francese, campione del mondo in carica, dura poco nel ruolo di apripista perché questo è il giorno delle Williams. Le monoposto blu e gialle di Didcot acciuffano la testa della gara e danno vita a un duello impressionante per velocità, talento e fame di vittoria. Tutti gli altri piloti inseguitori diventano spettatori non paganti, impossibile per loro replicare il ritmo forsennato e illogico di Piquet e Mansell. In soli sette giri, sono già nove i secondi di vantaggio del duo di testa sul primo degli "umani". Silverstone ritorna un teatro di battaglia e le due Williams sembrano dei velocissimi Supermarine Spitfire.
Mansell si inventa un soprasso leggendario
Piquet comanda e Mansell insegue. Tra i due si forma spesso un elastico, con il brasiliano che prima fugge e poi viene ripreso, salvo riallungare e ridistanziarsi. Questo copione dura per almeno 35 giri, quando l'inglese viene sfortunatamente richiamato ai box. Una delle sue ruote ha perso un piombino e adesso l'auto è sbilanciata e ingovernabile, tanto che emette delle terribili vibrazioni al volante. La sosta fa accumulare ben 28 secondi di svantaggio a Mansell, tanto che Piquet pregusta un solitario passaggio sotto alla bandiera a scacchi. In realtà, la partita è ancora tutta da giocare, perché il "Leone d'Inghilterra" riparte scodando ed entra in modalità attacco. Martella una lunga e costante sequenza di giri veloci, guadagnando un secondo al giro nei confronti del rivale che, fintanto che gli reggono gli pneumatici, tenta di spremere tutto il potenziale dalla propria macchina ma, quando inevitabilmente l'usura batte cassa, si ritrova negli specchietti il musetto della furia Mansell col suo numero 5 rosso in bella vista.
Siamo al giro 62, quando le due vetture toccano l'uscita della rapidissima Becketts, Mansell succhia tutta la scia di Piquet e sull’Hangar Straight, dopo aver effettuato una finta sinistra-destra da manuale, si affianca a Piquet, che tenta in modo vano di chiudere la porta bruscamente, superandolo alla curva Stowe e accendendo la festa del pubblico sugli spalti, in totale estasi. Le ultime tornate sono una tranquilla fuga per la vittoria, che gli inglesi celebrano con un'invasione di pista per portare in trionfo il proprio "Leone". Nigel confessò successivamente che per superare Nelson, quando era attaccato alla coda del sua Williams, studiò i movimenti del casco per cercare di capire in quale pertugio infilarsi.
Il dopo Silverstone
Sul podio insieme ai due alfieri della Williams ci sale anche Ayrton Senna, staccato di un giro con la sua Lotus Honda. Per Piquet quello smacco fu duro da digerire e servì per divorziare anzitempo con la Williams, decisione ufficializzata poche settimane più tardi al GP di Ungheria. Per lui non fu difficile trovare asilo alla Lotus l'anno seguente. Il brasiliano comunque, dopo Silverstone, si prese la rivincita in Germania e alla fine dell'anno si laureò campione del mondo, a discapito proprio di Mansell che riuscì a vincere il suo unico titolo mondiale soltanto nel 1992, a 41 anni.
Dopo il GP di Silverstone, Piquet disse in merito alla sua gara e a quella di Mansell: “Per superarmi ha rischiato tantissimo con i consumi, oltre ogni limite. Anche io sapevo di essere al limite, ma il mio display di bordo segnava sempre zero mentre il suo è andato addirittura a meno quattro. Volendo avrei potuto osare di più ma non l’ho fatto, al contrario suo, e gli è andata bene. Nelle ultime due-tre curve gli si è praticamente spento il motore, è stato fortunato oltre che velocissimo”.
In fondo, Mansell è stato un pilota tutto cuore e non sempre concentrato, ma nelle sue giornate positive è stato un vero demonio, tanto che Senna disse di lui: "Non importa con cosa corra; se Mansell è in giornata ti sorpasserà. A costo di passare sopra la tua macchina, lui ti passerà".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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