Da Arisa a Colapesce e Dimartino, il Festival "Porto Rubino" è l'ultima frontiera della musica d'autore

Una rassegna itinerante decisamente innovativa nella forma (quasi tutti i concerti si tengono su barche ancorate nei porti pugliesi) ma furiosamente legata alla “forma canzone”

Da Arisa a Colapesce e Dimartino, il Festival "Porto Rubino" è l'ultima frontiera della musica d'autore
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(da Monopoli - Bari) - Sesta edizione, sesto passo in avanti. C’è un Festival di musica d’autore che più d’autore non si può, si chiama “Porto Rubino” ed è una rassegna itinerante decisamente innovativa nella forma (quasi tutti i concerti si tengono su barche ancorate nei porti pugliesi) ma furiosamente legata alla “forma canzone”, alla scrittura dei testi, agli arrangiamenti e alle qualità interpretative degli artisti. Se l’è inventato il cantautore Renzo Rubino, uno dei pochi autentici ribelli musicali in circolazione. Trentasei anni, nato a Martina Franca, ha qualche Sanremo alle spalle, un Premio della Critica oltre a tante critiche positive, e ha pubblicato da qualche mese uno degli album più sorprendenti del 2024, Il silenzio fa boom, registrato con la Sbanda, ossia una banda di musicisti d’autore coordinata anche dal brillantissimo Taketo Gohara alla produzione e dal maestro jazz Mauro Ottolini. A questo giro, a “Porto Rubino” fino a stasera 21 luglio sono in cartellone “Poeti”, “Pirati”, “Sirene” e “Rosa dei Venti”, ossia quattro declinazioni della canzone che comprendono Joe Barbieri, Colapesce Dimartino, Dente, Elasi, Mannarino e Riccardo Sinigallia (a Vieste), di nuovo Mannarino, Nada, Piero Pelù, Renzo Rubino e La Sbanda e poi Giovanni Truppi (a Giovinazzo), mentre Arisa, Bluem, Ditonellapiaga, Drusilla Foer, Gaia e Sara Penelope Robin si sono esibite nella meraviglia del porto di Monopoli. Infine Malika Ayane, Marco Castello, l’imprevedibile Lucio Corsi, Mace, Maria Antonietta e Colombre, Popa, Populous e Studio Murena sono i protagonisti dell’appuntamento conclusivo a Tricase.

Porto Rubino

Non c’è Morgan, originariamente previsto in scaletta, ma “a prescindere da come andrà il processo, si è comportato in modo volgare e la volgarità qui non è ammessa”, ha spiegato Renzo Rubino.
In sostanza, ormai manco al Premio Tenco c’è così tanta attenzione a quell’aspetto musicale sempre più raro, spesso pure dimenticato, che è l’originalità creativa. Per carità, non sono quasi mai brani inediti, quelli in scaletta, ma inediti sono il contesto, gli eventuali duetti, le versioni acustiche, le atmosfere decisamente irripetibili in riva al mare mentre la musica corre sulla tolda di una nave. “Devo tentare altre strade, altre produzioni”, dice Rubino prima di salire sul palco, pardon sulla prua di Monopoli. “Per me Porto Rubino è una trattoria della musica, le persone che salgono sulla barca devono contaminare e contaminarsi”.
Senza dubbio, è un festival che sta diventando una delle più autentiche e credibili fotografie della musica d’autore in tutte le sue accezioni più moderne, compresa una rappresentanza di voci femminili molto più cospicua di quella in classifica o in radio. Come dice Arisa: “Le donne nel panorama musicale italiano sono ancora troppo poche rispetto a paesi come gli Stati Uniti o la Gran Bretagna. C’è un mondo di voci e storie femminili che aspetta di essere ascoltato e valorizzato”. In effetti è così.

Ma non c’è solo questo. In un mondo musicale sempre più omologato e impersonale, a Porto Rubino resta il compito difficilissimo di dare spazio a chi ancora fa musica senza pensare ai like o alle visualizzazioni volatili.

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