Mutui, così Washington ha «spinto» le Borse

Mutui, così Washington ha «spinto» le Borse

Chi ha salvato i mercati finanziari dal crash dei mutui subprime? Secondo la versione ufficiale il merito è della Federal reserve e della Banca centrale europea, che abbassando i tassi e immettendo liquidità hanno consentito alle Borse di respirare, recuperando gran parte delle perdite. In realtà il merito sarebbe soprattutto di una provvidenziale «mano invisibile», che opera da Washington e prende il nome di «Plunge Protection Team» (Ppt), ovvero «Squadra di protezione anticrollo».
A sostenerlo è il quotidiano svizzero Le Temps, che è autorevole e che nei giorni scorsi ha ricostruito questo sorprendente retroscena, partendo dalle anomalie riscontrate dagli operatori di Borsa lo scorso giovedì 16 agosto, quando la catastrofe finanziaria sembrava imminente. Quel giorno gli indici andavano giù, sempre più giù, anche a New York. Poi, improvvisamente, a 45 minuti dalla fine della seduta il Dow Jones invertì improvvisamente rotta con un guadagno di oltre 300 punti, che permise di chiudere sui livelli di apertura. Un movimento che molti analisti giudicarono anomalo per ampiezza e rapidità. L’indomani la Fed a sorpresa abbassò i tassi di mezzo punto e da lì partì la ripresa. Chi aveva comprato a man bassa qualunque titolo sul listino Usa con straordinario tempismo? Nessuno lo ha mai saputo, ma non si tratta certo di un caso di insider trading all’interno della Banca centrale. A mezza voce, negli ambienti finanziari elvetici e statunitensi si evoca l’intervento proprio del «Plunge Protection Team» ovvero di un gruppo che sarebbe il prolungamento informale del «Working Group on Financial Markets» creato da Ronald Reagan dopo il lunedì nero del 19 ottobre 1987. Ma mentre il «Working group» è ufficiale e si propone di monitorare i mercati, il Ppt è segreto e la sua missione sarebbe di intervenire direttamente per limitare i danni in caso di vendite diffuse. Come? Comprando massicciamente azioni e, soprattutto, opzioni e futures sul mercato dei derivati. Lo scenario sembra fantascientifico, ma trova più di un riscontro.
Nel 1997, la Washington Post ne parlò in un articolo intitolato proprio «Plunge Protection Team» e nel 2005 un fondo d’investimento canadese, Sprott Asset Management, esaminò la questione in uno studio di una quarantina di pagine. Conferme ufficiali, ovviamente, nessuna, sebbene siano riscontrabili rari riferimenti nelle minute delle riunioni della Fed e in dichiarazioni dell’ex governatore Alan Greenspan. Secondo il quotidiano ginevrino, al Ppt parteciperebbero il segretario di Stato al Tesoro, il presidente della Banca centrale Usa e delle autorità di sorveglianza dei mercati (Sec e Cftc); inoltre dirigenti della Borsa di New York, del Nasdaq e di alcune grandi banche d’investimento Usa. Il gruppo sarebbe intervenuto per la prima volta nell’ottobre 1989, quando impedì il ripetersi di un tracollo analogo a quello del 1987. E ancora nel 1992, nel 1998 in occasione del dissesto provocato dal fallimento del fondo speculativo Ltcm, nel 2001 dopo gli attentati dell’11 settembre, nel 2003 in coincidenza con la guerra contro l’Irak di Saddam Hussein; infine il 16 agosto scorso per i mutui subprime. Dunque sei operazioni in 18 anni. Già, ma perché? Solo per favorire Wall Street? Apparentemente no.
La creazione del «Plunge Protection team» risponderebbe a logiche di sicurezza nazionale.

Nell’era della globalizzazione i mercati finanziari sono diventati un bene strategico, che va tutelato dal rischio di attacchi da parte di potenze straniere o semplicemente da una destabilizzazione provocata dal panico.
Difendendo la Borsa, l’America difenderebbe innanzitutto se stessa.
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