Némirovsky fra angoscia e letteratura

Della sua letteratura, Irène Némirovsky (1903-1942) ci ha lasciato ampia testimonianza nei romanzi e nei racconti e, su tutto, nel suo capolavoro, Suite francese

Némirovsky fra angoscia e letteratura
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Della sua letteratura, Irène Némirovsky (1903-1942) ci ha lasciato ampia testimonianza nei romanzi e nei racconti e, su tutto, nel suo capolavoro, Suite francese; il «lato nascosto» della scrittrice che, nonostante la conversione al cattolicesimo, fu catturata dai nazisti e morì ad Auschwitz, è invece svelato dalle Lettere di una vita (Adelphi, pagg. 460, euro 24), di cui ci parla Olivier Philipponnat, curatore della sua opera: «Innanzitutto, queste lettere non erano destinate alla pubblicazione, erano tutte private. E poi queste missive rivelano il rovescio di quanto siamo abituati a leggere attraverso l'opera di Némirovsky: ci sono i rapporti con gli editori e con gli altri scrittori, e la sua vita personale, che nei libri non trapela». Siccome la raccolta copre la vita intera dell'autrice, che nacque a Kiev e trascorse la vita in Francia, le lettere sono divise in capitoli diversi, in cui «si susseguono personalità molto differenti»: dalla «donna molto giovane e gioiosa, che non pensa alla carriera letteraria e vive nel milieu russo parigino» a quella che, nel '29, conosce «un successo immediato e grandioso» con David Golder e inizia a interessarsi alle relazioni con gli editori e i colleghi... E poi, dal '37-'38, la donna adulta, alle prese con problemi economici, famigliari e personali (il marito Michel Epstein si ammala) e le difficoltà che iniziano a sorgere perché è ebrea non francesizzata e, per esempio, le figlie non possono andare a scuola; è in questo momento che comincia il cammino di conversione al cattolicesimo. Infine, «l'ultima parte, quella delle lettere scambiate durante l'occupazione, controintuitivamente è la più documentata - dice Philipponnat - Qui emerge una doppia consapevolezza: primo, che la sua opera sarà postuma, e lei non potrà mai vederla; secondo, che può scrivere un capolavoro, un libro che sarà letto anche dopo un secolo...»

Nella raccolta figurano anche le ultime due lettere del marito Michel Epstein, ritrovate da Philipponnat: «Sono indirizzate alla famiglia delle persone che avevano in custodia le bambine e Michel vi mette per iscritto che l'unico modo per tentare di salvare Irène è di farsi arrestare,

volutamente, per poterla andare a cercare. La figlia Denise ricorda che il padre sorrideva prima della cattura, per la speranza di ritrovarla viva. Non pensava di morire ad Auschwitz, come Irène. Sono lettere sconvolgenti».

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