“Un patto educativo” per liberare Napoli dalle grinfie della camorra. Ancora una volta il vescovo della città partenopea Domenico Battaglia interviene in prima persona dando il suo contributo alla battaglia contro la criminalità organizzata. Lo fa attraverso le pagine del settimanale Credere, a cui rivela l’intenzione di dare seguito a un progetto comune che veda impegnate le istituzioni e le associazioni di volontariato nella promozione di sani valori sul territorio. Per il vescovo, in ogni caso, non bisogna abbassare la guardia nel denunciare la malavita, non bisogna girare la faccia dall’altra parte facendo finta di non vedere.
Battaglia è stato nominato pochi mesi fa da Papa Francesco al posto di monsignor Crescenzio Sepe e, fin dall’inizio del suo mandato, ha indirizzato l’operato della Chiesa napoletana a favore delle persone più fragili e povere. Questo percorso non può prescindere dal “dovere della denuncia del male sociale”, una piaga che peggiora in maniera esasperata le condizioni di vita del genere umano. Il vescovo immagina che al suo fianco ci siano le istituzioni, le quali, per venire incontro alle esigenze del sud, della Campania e di Napoli, devono saper operare “scelte politiche e amministrative all'altezza della loro sete di speranza e del loro sogno di riscatto. Un dovere verso le nuove generazioni”.
Qualche settimana fa monsignor Battaglia ha scritto una lettera molto accorata in cui si è rivolto direttamente ai camorristi, ricordando loro che sono uomini come tutti gli altri.“Napoli – ha evidenziato il vescovo – la sta uccidendo la camorra e il malaffare, con la violenza e la crudeltà di coloro che hanno dimenticato di essere umani. Ma anche l’indifferenza di chi si volta dall’altra parte e lascia fare agli altri, i Pilato dei nostri tempi.
Napoli viene uccisa anche dalla scarsa attenzione della politica, nazionale e locale, che pare essersi abituata al sangue versato in terra partenopea, considerandola alla stregua di un paese in guerra”.
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