Sì, è vero, è stato il centralismo il nostro guaio, «il nostro vizio di origine». E non lo dice Umberto Bossi, ma Giorgio Napolitano. Un «vizio» dunque, un peccato originale, che poi però è stato progressivamente «corretto» con forti iniezioni di decentramento: dalla creazione delle Regioni nel 1945, alla Costituzione del 1947 che prevede le autonomie, fino al federalismo degli ultimi tempi.
A Torino per due giorni nel quadro delle celebrazioni del 150° dell'unità d'Italia, a poche ore dalla polemica per l'assenza di Bobo Maroni alla sfilata del 2 giugno, il capo dello Stato nega che tra la gente «ci sia freddezza» per queste ricorrenze storiche. Anzi. «Se debbo giudicare sulla base delle prime esperienze che ho fatto a Genova e in Sicilia delle manifestazioni dell'anniversario - dice all'uscita da Palazzo reale dopo un convegno sul Risorgimento- , devo dire che è assolutamente falsa la tesi secondo cui il tema dell'unità d'Italia cada nell'indifferenza. Penso che quando le iniziative si diffonderanno nelle altri parti del Paese e prenderà corpo l'intero programma, si potrà verificare che c'è interesse e molta partecipazione culturale».
Il presidente della Regione Piemonte, il leghista Roberto Cota, lamenta quanto la cultura del federalismo fosse stata marginalizzata via via con il procedere della unificazione. «Lo abbiamo detto tante volte», è la replica del presidente della Repubblica, «c'è stata anche una componente del pensiero federalista nel processo unitario. È ugualmente noto che lo Stato unitario nel 1861 sia nato con una forte impronta centralizzata. Questo vizio di origine ha subito una fondamentale correzione nel 1945 con la creazione delle Regioni a Statuto speciale e nel 1947 con la Carta costituzionale».
Non autocelebrazione ma «sguardo rivolto al futuro». Così secondo Cota si devono affrontare le celebrazioni, evitando di spendere troppi soldi, vista la situazione economica del Paese. «Mi sono chiesto quali aspetti mettere in luce secondo la sensibilità e le aspettative dei piemontesi». No quindi «alla retorica, al pensiero unico dove in buona sostanza si recita sempre lo stesso copione». Meglio invece «cercare di tenere conto delle aspettative della gente, soprattutto dei giovani». Il governatore ha suggerito di inserire nel programma «uno studio per comprendere come i giovani vedano il rapporto Stato-Istituzioni: il 2011 e le varie iniziative connesse possono essere un punto di partenza per attualizzare l'organizzazione dello Stato e migliorare il rapporto coi cittadini». Conclude, rivolto a Napolitano: «Ho molto apprezzato i suoi richiami sulla necessità delle riforme e il federalismo è assolutamente necessario».
Per Sergio Chiamparino «al centro del 2011 c'è l'identità degli italiani nella storia, un'identità che si forma tra le radici delle nostre città e il cosmopolitismo e l'apertura che da sempre caratterizzano l'italiano. Torino è terra di frontiera.
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