Dobbiamo cambiare, e anche subito, se vogliamo «avere prospettive» in Europa. La crisi morde, il tempo è scaduto, la campana dell'ultimo giro ha già suonato, avverte Giorgio Napolitano, è quindi giunta l'ora di darsi tutti una regolata. «É necessario un esame di coscienza collettiva che tocchi anche i comportamenti individuali degli italiani. Molti italiani di ogni parte sociale, politica e culturale non comprendono che non viviamo più negli anni ottanta e settanta. Il mondo si è radicalmente trasformato e dobbiamo cambiare anche noi, in modo radicale, in maniera europea nelle aspettative. Dobbiamo cambiare, oppure il nostro Paese non avrà le prospettive che invece può e deve avere».
L'appello del presidente della Repubblica arriva da Palermo, durante un colloquio con il politologo Gianfranco Pasquino in occasione del convegno «Rifare gli italiani per stare in Europa» nell'ambito delle celebrazioni del 150esimo dell'unità d'Italia. «C'è una spinta oggettiva - spiega - , una forza delle cose che indica la strada di una più stretta integrazione europea» e il fatto che nella Ue «ancora adesso ci siano riluttanze, resistenze e contraddizioni rende il presente e anche il futuro molto incerto».
Tra gli atteggiamenti da cambiare, l'improvvisazione, il pressappochismo e le generalizzazioni. Per il capo dello Stato è molto facile e pericoloso cadere nel qualunquismo e nell'antipolitica. Ad esempio, «ci sono delle definizioni folgoranti ma da usare cun grano salis, come casta politica, altrimenti si prospetta una notte in cui tutto è grigio o nero». Insomma, attenti alle banalità, soprattutto quando apre il capitolo delle riforme. «Viviamo in una fase in cui ci si sveglia una mattina e si propone la modifica di un articolo della Costituzione... mi pare ci siano molta improvvisazione e approssimazione».
Napolitano si rende conto «che c'è del disincanto, in Italia e in Europa, dei cittadini nei confronti dei governanti».
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