Emanuela Orlandi non si sarebbe mai allontanata volontariamente né avrebbe seguito qualcuno che non conosceva: a dirsi sicuro delle proprie affermazioni è il cugino Pietro Meneguzzi, che è stato ascoltato in audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa della congiunta e di Mirella Gregori.
Le dichiarazioni di Pietro sono state rese pubbliche grazie alla sua autorizzazione, mentre il contenuto di quelle rilasciate dalla sorella di quest'ultimo, Monica Meneguzzi, resta secretato per esplicita volontà della donna. Oltre ai due cugini di Emanuela, la Commissione ha in programma di sentire la testimonianza del terzo dei fratelli Meneguzzi, Giorgio, e quella del cognato di Mirella Gregori, Filippo Mercurio.
Secondo il cugino della Orlandi, in primis, è assolutamente improbabile che la ragazza abbia deciso di sparire di sua spontanea iniziativa: "L'ipotesi dell'allontanamento volontario è del tutto irrealistica", dichiara infatti senza tanti giri di parole. Altrettanto poco credibile è il fatto che abbia seguito uno sconosciuto. "Non ho elementi oggettivi per poterlo affermare", spiega Pietro dinanzi al consesso, "ma la mia certezza è che Emanuela, per la sua riservatezza, quel giorno è salita in auto o è andata via con qualcuno di cui si fidava moltissimo, può essere qualcuno della scuola, dell'associazione, una persona conosciuta mesi prima...". "Si è fidata di qualcuno e questa è una mia idea", ha ribadito l'uomo.
Pietro ha raccontato anche cosa accadde nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa della ragazza, quando "si presentarono in Vaticano Giulio Gangi e due suoi colleghi" del Sisde. "Gangi lo conoscevo per via del mio lavoro alla Camera, e lui mi aveva sentito parlare della scomparsa di Emanuela, ma non è vero, come pure è stato detto più volte, che conoscesse già da prima mia sorella Monica, che tra l'altro allora aveva solo 15 anni, molti meno di lui. Secondo me si è confuso, l'ho ribadito anche in procura di recente", precisa Pietro.
Il cugino di Emanuela ha parlato anche anche del padre Mauro, zio di Emanuela, raccontando dei suoi timori. "In quel periodo si era insospettito di essere seguito, era convinto, lo diceva anche a noi, che fosse qualcuno che cercasse un contatto". Per questo l'uomo chiese consiglio a Giulio Gangi, l'agente dei servizi segreti che si occupò di seguire il caso, il quale gli consigliò di prendere la targa. Si trattava, a detta dello 007, di auto appartenenti alle "forze dell'ordine", per cui l'allarme rientrò.
Circa le indiscrezioni secondo cui lo zio di Emanuela stesso facesse parte del Sisde, Pietro non ha dubbi: se fosse stato "parte dei Servizi non avrebbe avuto senso chiedere a Gangi". Oltre a questa ipotesi è da scartare anche quella delle presunte molestie da parte dell'uomo a una sorella di Emanuela: "Per me è una bugia, mio padre non c'entra niente".
Ma allora cosa è successo alla ragazza? "Io da anni ho una mia idea, cioè che dietro la scomparsa di Emanuela non ci sia una trama internazionale, che non sia il caso di volare troppo alto: la pista per me è molto più terrena e più grave", spiega
Pietro. "Perchè gli Orlandi escludono l'ipotesi del 'predatorè, dell'adescamento a fini sessuali? Non lo so. So però che se c'è qualcosa da scoprire, voi potete farlo e vi ringrazio per questo", conclude l'uomo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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