Alla domanda dei carabinieri che lo hanno fermato alla clinica di Palermo La Maddalena dove era in cura, ha subito fatto sapere chi fosse: "Sono Matteo Messina Denaro". Unica verità pronunciata solo quando non aveva più scampo. Sì, perché nel corso dei trent'anni in cui ha vissuto da latitante, le sue bugie sono state innumerevoli. La prima falsità riguarda la sua identità: per i medici che lo curavano (e non solo), il personale sanitario e gli ospedali che ha frequentato per la sua malattia era Andrea Bonafede, nato a Campobello di Mazara (Trapani) il 23 ottobre 1963 e residente in Via Marsala con tanto di codice fiscale e status lavorativo dove risultava come geometra.
Il personale della clinica Maddalena dove era ormai "di casa" visto che sarebbe stato operato due volte e ricoverato in day hospital sei volte, lo ha definito un paziente "gentile ed elegante" che si esprimeva in maniera forbita e che spesso indossava un foulard. A Repubblica, un medico della clinica che ha scelto di rimanere anonimo ha dichiarato incredulo che "spesso regalava bottiglie di olio di Castelvetrano a medici e infermieri".
La doppia identità
La falsa carta d'identità ha nascosto le vere origini del boss, nato a Castelvetrano (Trapani) il 26 aprile 1962. Il comune dista soltanto 7 chilometri dal paese in cui affermava di essere nato: la scelta di Campobello potrebbe essere dovuta alla residenza del fratello ma indica comunque continuità con il territorio che controllava (sorella e madre vivono a Castelvetrano). E poi, l'ex numero uno di Cosa Nostra catturato nelle scorse ore si era "ringiovanito" di quasi un anno, inserendo la data di ottobre 1963 quale nascita invece dell'aprile 1962: tra pochi mesi compirà 61 anni. Non solo: dalle informazioni delle ultime ore si viene a sapere che sulla carta d'identità falsa appariva come un uomo di 1,78 metri, calvo e con gli occhi castani: la data di emissione reca la data dell'8 febbraio 2016, scadenza 23 ottobre 2026.
"Mai pensato fosse lui..."
La clinica privata presso la quale era in cura, con una nota ha affermato di mettersi a disposizione delle forze dell'ordine per fornire tutta la documentazione necessaria alle cure oncologiche dopo la scoperta di avere tra i suoi malati un paziente sotto falso nome. "Si informa inoltre che nessun dipendente o collaboratore è autorizzato a rilasciare interviste e fornire alla stampa notizie coperta da segreto istruttorio". Le indagini, adesso, faranno il loro corso ma la propietaria e direttrice della struttura La Maddalena, Stefania Filosto, ha raccontato tutto il suo stupore al Corriere della Sera dopo l'arresto di questa mattina. "Non avremmo mai immaginato che un signore malandato e acciaccato in attesa di essere ammesso alla clinica potesse essere addirittura il boss cercato da trent’anni", ha dichiarato, dicendo che avesse bisogno di un ciclo di chemioterapia dopo un intervento al fegato che avrebbe subìto circa un anno e mezzo fa.
Come si mostrava Messina Denaro
La salute è da sempre stato un aspetto prioritario dei boss: anche così si spiega il modo in cui si rivolgeva a chi gli prestava le attenzioni del caso. Il finto Andrea Bonafede si recava regolarmente nella struttura per i suoi day hospital tant'é che quando è stato fermato dai carabinieri era in attesa di effettuare un tampone anti-Covid che accertasse la negatività prima del ciclo di chemioterapia che si sarebbe dovuto svolgere nei giorni seguenti.
Lo choc dei medici
Le notizie che si moltiplicano in queste ore convulse dopo l'arresto del super latitante ipotizzano addirittura due interventi per la malattia, tutte e due perfettamente riusciti. A novembre 2022 avrebbe eseguito una Tac, il mese successivo una risonanza magnetica con le condizioni di salute sempre più precarie. "Quando finalmente ci hanno detto che era stato catturato Matteo Messina Denaro, eravamo increduli e felici", hanno affermato dalla clinica.
Alla precisa domanda di come sia stato possibile che per tutto questo tempo nessuno abbia mai sospettato nulla, i sanitari de La Maddalena ritengono che possa essersi operato alla faccia "ma in ogni caso è difficile, se non impossibile, riconoscere un latitante da una ricostruzione fotografica. Sul tavolo operatorio, anche i propri familiari sono irriconoscibili".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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