Le clarisse, il boss e la preghiera (vietata)

Tre suore allontanate dall’obitorio. Censura per un parroco: voleva una messa in suffragio

Le clarisse, il boss e la preghiera (vietata)
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Sono uscite dalla clausura del monastero dei Santi Cosma e Damiano di Tagliacozzo del L’Aquila per una visita oculistica. Ma hanno pensato e programmato la piccola deviazione quando hanno saputo che la salma del boss Matteo Messina Denaro era proprio nell’obitorio dello stesso ospedale. Chi più di lui avrebbe avuto bisogno di preghiere per salvarsi l’anima? Devono aver pensato.

E così, rosario al collo e passo spedito, le tre monache benedettine si sono dirette compatte verso la buona azione. Madre Donatella (la superiora del convento con un problema agli occhi da far controllare), suor Emanuela e suor Teresa Benedetta erano anche un po’ emozionate per l’uscita concordata col vescovo tanto tempo prima. Sapevano perfettamente chi fosse e cosa avesse fatto nel corso della sua vita Messina Denaro, ed erano anche al corrente che gli sono stati negati i funerali religiosi, ma, hanno anche pensato e commentato al Corriere della Sera: «È pur sempre un figlio di Dio».

Ciò che invece ignoravano era che l’ospedale fosse «blindatissimo» di polizia da ormai due mesi data dell’inizio del ricovero del boss e che proprio mentre loro cercavano di congiungersi in preghiera davanti alla salma, sulla salma fossero in corso le ultime fasi dell’autopsia. Fatto sta che alle sorelle è stato impedito di entrare.
Di ben altro tenore la vicenda di don Tommaso Izzo, parroco di una chiesa a Casalnuovo di Napoli che ieri sera avrebbe dovuto tenere una celebrazione, poi annullata «per prudenza pastorale», in suffragio del boss. Il parroco, finito nella bufera, si è difeso sottolineando di aver solo accettato la richiesta di un fedele.

Il ripensamento non sarebbe bastato a spegnere le polemiche: dalla condanna del vescovo e del sindaco a quella della presidente della Commissione parlamentare antimafia, Chiara Colosimo, che definisce l’iniziativa «raccapricciante» oltre che «in contrasto con il processo di scomunica che la chiesa ha avviato per i mafiosi»; un’idea che «merita la condanna incondizionata di tutti quelli Il parroco avrebbe infatti spiegato che: «Chiunque può chiedere di pregare per un defunto ma abbiamo annullato la celebrazione per prudenza pastorale. E non sono stato io a pubblicizzare la messa su Facebook ma un collaboratore della parrocchia».

Dall’episodio, «increscioso e autonomo della

parrocchia di Casalnuovo», ha preso le distanze il vescovo di Acerra, Antonio Di Donna, che ne ha sottolineato la gravità «in una diocesi da sempre in prima linea con i suoi pastori nella lotta alla criminalità mafiosa».

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