Ennesimo piagnisteo dalle Ong: stavolta Mediterranea Saving Humans ne inventa una per supportare la solita propaganda retorica contro l'Italia e la Guardia costiera. L'accusa, che fa titoli e punta a toccare le corde emotive di quella parte di Paese che si straccia le vesti per invocare l'accoglienza e che di solito vive nei quartieri residenziali, ben lontana dal degrado, vuole demonizzare le autorità italiane. Nella ricostruzione della Ong che gestisce la barca Mare Jonio, infatti, le autorità italiane hanno ordinato di "rimuovere dalla nave prima della partenza le attrezzature e gli equipaggiamenti imbarcati a bordo per lo svolgimento del servizio di salvataggio".
Le accuse della Ong
In caso di disobbedienza, rischia la violazione dell'articolo 650 del Codice penale che prevede l'arresto fino a tre mesi e sanzioni pecuniarie. Dopo un'ispezione "lunga, approfondita e severa", iniziata il 22 agosto e conclusa il 6 settembre scorso, sono stati rinnovati tutti i documenti che consentono alla Mare Jonio di navigare, ma è stata ancora una volta negata la sua certificazione come nave da salvataggio. Invece di ringraziare per i controlli approfonditi e severi, come dovrebbe essere prassi per ogni autorità che dà il via libera alla messa in mare di una nave, la Ong punta i piedi e veste i panni della vittima. Il "no" da parte dell'autorità italiana è arrivato in quanto la Mare Jonio non risponde ai criteri di due circolari emanate dalle Autorità nel dicembre 2021 e febbraio 2022, che richiedono particolari caratteristiche tecniche dello scafo, corrispondenti al codice internazionale Sps emanato nel maggio 2008.
Per la Ong, questa è una "pretesa in sé assurda e aggravata dal fatto che il governo italiano vorrebbe far diventare questo lo standard per tutte le bandiere europee, in modo da ostacolare l'intera flotta civile". Il rispetto del codice internazionale diventa una pretesa assurda nel mondo delle Ong, che con queste dichiarazioni sembrano voler legittimare la messa in mare di navi non adeguate allo scopo, con tutti i rischi che ne conseguono. "Questo ordine è per noi semplicemente oltraggioso e inaccettabile, così come la minaccia di conseguenze penali per i nostri armatori. Insieme a tante e tanti altri lo rifiutiamo e da subito contesteremo questo provvedimento in ogni sede", conclude la Ong.
La replica della Guardia costiera
Dalle autorità, viene fatta una doverosa precisazione davanti alle fake sensazionalistiche della Ong: "La società armatrice ha inizialmente richiesto la certificazione dell’unità per diversi servizi: salvataggio, rimorchio, rimozione dalla superficie del mare di olii minerali e trasporto merci solide". Così spiega la Guardia costiera, che ha ribadito l'impossibilità di concedere la certificazione per il salvataggio "in ragione delle caratteristiche tecniche dell’unità, non rispondenti alla normativa in materia di sicurezza della navigazione applicabile".
L'autorizzazione alla navigazione è stata garantita per gli altri tre servizi e al termine della visita finalizzata al rilascio delle certificazioni di sicurezza, che si è tenuta a Trapani "la commissione ha ritenuto necessario prevedere la rimozione di alcune attrezzature presenti a bordo oggettivamente pericolose per lo svolgimento in sicurezza delle attività richieste: come ad esempio, alcuni container e battelli presenti in coperta". Ancora una volta la Ong ha tentato di distorcere la realtà per il perseguimento del proprio scopo: Mare Jonio non ha le autorizzazioni per operare come rescue ship ma solo come rimorchio e imbarcazione antinquinamento. Pertantanto, per tali attività (e non per altre) dev'essere equipaggiata.
La ratio della decisione
Mare Jonio è un'imbarcazione realizzata nel 1972 come rimorchiatore, che nel tempo è stata riconvertita ma non è allineata agli standard contenuti nelle circolari sulla sicurezza della navigazione del ministero delle Infrastrutture, Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto, n.166 del 20 dicembre 2021 e 167 del 2022. Nello specifico, si rileva come la Mare Jonio rientri nella categoria di imbarcazioni oltre le 500 tonnellate e in quanto tale è tenuta a soddisfare precisi requisiti e certificazioni che sono relativi alle caratteristiche dello scafo in relazione ai calcoli per la stabilità. Mare Jonio non raggiunge gli standard previsti, pertanto non ha ottenuto la certificazione.
Il decreto Ong del 2023 prevede che, in ragione di dover garantire la sicurezza dell'equipaggio e delle persone trasportate, una nave che viene certificata come rescue ship debba operare sulla base di specifiche indicazioni "rilasciati dalle competenti autorità dello Stato di bandiera", che in questo caso è l'Italia. Inoltre, dev'essere manutenuta costantemente per rimanere sempre al di sopra degli standard minimi richiesti, pena una sanzione nel momento in cui la nave viene sottoposta a controllo a campione. Nonostante la mancanza di requisiti, Mare Jonio pretende di essere inquadrata come rescue ship.
Le reazioni politiche
"Non si comprende il motivo per cui Saving Humans parli di persecuzione del governo. L’arroganza di questi armatori è determinata dal presupposto ideologico e politico da cui muovono e dagli obiettivi che perseguono, che sono tutt’altro che meramente umanitari", spiega Sara Kelany, deputato di Fdi e responsabile del dipartimento Immigrazione, raggiunta da ilGiornale.it. Un atteggiamento di prepotenza che si è registrato già in precedenti occasioni, che configura la volontà, in parte politica, da parte di queste organizzazioni, di influire sulle politiche migratorie degli Stati sovrani: "Per farlo pretendono di non avere alcun intralcio, neanche le leggi che valgono per tutti".
Ma se questo atteggiamento avrebbe potuto avere qualche possibilità di successo con i governi di sinistra, da sempre asserviti alle Ong e tutt'oggi succubi di queste organizzazioni, "da quando questo governo è in carica, l’attività di ricerca e soccorso posta in essere dalle Ong deve rispondere a regole precise". L'indicazione di Kelany in merito è chiara ed è la linea tracciata dal governo fin dal suo insediamento. "Guardia costiera e tutte le forze operanti nel Mediterraneo salvano ogni anno migliaia di vite e per farlo occorre anche che chiunque si impegni in questo campo sia pienamente legittimato a farlo e segua pedissequamente delle precise procedure. Ne andrebbe della buona riuscita di ogni operazione", ha concluso Kelany.
Le sue parole trovano recente riscontro negli ultimi sbarchi a Lampedusa coordinati dalle autorità italiane. A Lampedusa in queste ore c'è un ingorgo di barchini, che sono stati messi in fila dalle autorità in attesa dello sbarco.
Dalla mezzanotte sono stati 33 i barchini arrivati sull'isola, dove ora ci sono 2mila migranti e ne sono attesi altri nelle prossime ore. I trasferimenti avvengono a ritmo sostenuto e impediscono il caos nella struttura, dove sono stati quasi raddoppiati i posti letto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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