Le intercettazioni, il tumore, il database: così hanno preso Messina Denaro

A tradire Matteo Messina Denaro potrebbero essere state le tre sorelle che, nel tentativo di salvargli la vita, hanno parlato troppo

Le intercettazioni, il tumore, il database: così hanno preso Messina Denaro

Matteo Messina Denaro è stato catturato dopo un'indagine alla "vecchia maniera". Le intercettazioni, come sottolineato in conferenza stampa anche dal procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, sono state fondamentali per ricostruire gli spostamenti e fornire informazioni. Le sorelle del boss erano sotto controllo e le loro chiacchiere hanno fornito agli investigatori molto materiale sul quale lavorare per mettere insieme i pezzi del puzzle che hanno poi consentito la sua cattura.

Le tre donne, ovviamente, sapevano di essere ascoltate dagli investigatori ma nelle loro conversazioni, a mezza bocca e in codice, non hanno potuto fare a meno di commentare le operazioni subite dal boss, in tutto due, una per il tumore addominale e l'altra per il morbo di Crohn. E sono state proprio loro, in qualche modo a tradirlo, loro che sono state sempre in prima linea per coprirne la copertura e che anche in questo caso cercavano una soluzione. Hanno iniziato ad agitarsi quando il fratello è stato male, nel tentativo di salvargli la vita curando quel male ormai in fase avanzata. Le tre hanno parlato troppo, tradendo così quella cortina di silenzio che ha sempre avvolto la latitanza del boss.

Ascoltandole, i carabinieri hanno scoperto che una delle operazioni è stata effettuata proprio durante i giorni più intensi della pandemia. A quel punto è partita l'indagine, che si è svolta "lontano da Palermo", come è stato spiegato durante la conferenza stampa, scartabellando i registri dei dati dei malati oncologici, raccolti dal centro del ministero della Salute. Hanno fatto un lavoro certosino, studiando i profili di tutti i malati della Sicilia ed escludendo, di volta in volta, quelli con caratteristiche non compatibili con l'identità di Matteo Messina Denaro.

Sapevano che il boss era in cura e immaginavano lo fosse sotto falsa identità. È servito tempo per questo lavoro e gli inquirenti si sono presi il tempo necessario per fare un lavoro di fino, senza strappi in avanti, onde evitare di prendere abbagli. Dal lungo elenco è emerso, in primavera, il nome di Andrea Bonafede, un paziente che per caratteristiche la cui cartella clinica poteva essere compatibile con quella di Matteo Messina Denaro per le informazioni acquisite, ma non solo. Infatti a quel nome risponde uno dei nipoti del boss, che però nei giorni in cui risultava essere in clinica per l'operazione si trovava molto lontano da Palermo, a circa 100 km dal luogo indicato nelle cartelle, nella sua Campobello di Mazara, come indicato dalle celle agganciate dal suo telefono.

Bonafede non è uno sconosciuto per le forze dell'ordine, anzi. Nipote di Angelo, è noto per essere uno degli storici fiancheggiatori di Messina Denaro. A quel punto l'intuizione: e se Andrea Bonafede fosse il nome usato da Matteo Messina Denaro per farsi curare e vivere la sua latitanza? Quando nei tabulati è comparsa la prenotazione per ieri della visita medica alla clinica Maddalena, gli inquirenti hanno capito che quello era il momento giusto. L'operazione a Palermo si è svolta con centinaia di militari dell'Arma pronti a intervenire mentre altri uomini controllavano a vista il vero Andrea Bonafede, a Campobello di Mazara, senza che lui se ne rendesse conto.

Quando il boss è uscito fuori dalla struttura, verso un ingresso secondario, un carabiniere in borghese gli si è avvicinato chiedendogli il suo nome e a quel punto, non potendosi più nascondere, ha dovuto ammettere: "Messina Denaro, sono Matteo Messina Denaro".

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