"Mai più odio e violenza politica". Meloni ricorda la strage di Primavalle

Virgilio e Stefano Mattei, figli dell'esponente Msi Mario, morirono dopo l'atto incendiario messo in atto da Potere Operario. Per il presidente del Consiglio rimane il dovere di "non dimenticare e di condannare senza ambiguità la crudeltà di quella drammatica pagina della nostra storia"

"Mai più odio e violenza politica". Meloni ricorda la strage di Primavalle
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"Una strage terribile, due giovani vite innocenti spezzate dall'odio politico". Giorgia Meloni ricorda così sui social il cinquantunesimo anniversario della strage di Primavalle. Una ricorrenza che cade proprio in un periodo politico cui l'intolleranza, l'odio e la violenza verbale perpetrati da certi settori "intellettuali" della sinistra italiana continuano incessantemente. Basti pensare a quello che è successo nel nostro Paese solamente nelle ultime settimane: professori universitari che insultano pesantemente membri del governo e, una volta che vengono querelati, si calano immediatamente nel classico vittimismo invocando una fantomatica libertà di espressione (che più che altro si trasforma in diritto all'offesa personale), docenti accademici che piangono la scomparsa una brigatista rossa come Barbara Balzerani, condannata a sei ergastoli, e più recentemente leader politici e volti noti televisivi che giustificano l'attacco notturno dell'Iran a Israele.

Le parole della Meloni

"La notte del 16 aprile 1973 dei militanti di Potere Operaio incendiarono la casa di Mario Mattei, 'colpevole' di essere il segretario del Movimento Sociale Italiano nel quartiere popolare di Primavalle a Roma. Nell'incendio persero la vita due dei suoi figli: Virgilio, di 22 anni, e il piccolo Stefano, un bambino di appena 10, arsi vivi tra le fiamme". Nel suo messaggio la premier sottolinea che "il nostro compito oggi è quello di non dimenticare e di condannare senza ambiguità la crudeltà di quella drammatica pagina della nostra storia rappresentata dai cosiddetti anni di piombo. Mai più odio e violenza politica".

Parole che ricalcano la dedica che lo stesse presidente del Consiglio volle esprimere un anno esatto fa in occasione della ricorrenza di metà secolo dalla barbara uccisione dei fratelli Mattei. "Quello che possiamo fare oggi è tenere viva la memoria di quanto accaduto, per evitare il pericolo di ricadute e condurre l'Italia e il nostro popolo verso una piena e vera pacificazione nazionale", spiegò Meloni nell'aprile 2023. Quelli "erano gli anni nei quali l'avversario politico era un nemico da abbattere, erano gli anni dei cattivi maestri sempre pronti a giustificare anche il più orrendo dei crimini o a costruire false verità per coprire i responsabili, erano gli anni delle fazioni contrapposte e della delegittimazione reciproca".

Cosa accadde quel giorno a Primavalle

Sono le ore 3.20 di un lunedì quando nel quartiere romano, in via Bernardo di Bibbiena numero 33, lotto 15, scala D, terzo piano, un gruppo di giovani attivisti del movimento della sinistra extraparlamentare Potere Operaio lascia davanti alla porta di un appartamento una tanica di benzina con un innesco artigianale. Attivano la miccia e fuggono via. Qualche secondo e poi lo scoppio, potentissimo. La porta è avvolta dalle fiamme, che nel giro di qualche minuto si estendono a tutta la casa. Mario Mattei, netturbino, ha sei figli. Quando si accorge dell'incendio, si getta giù da un balcone. Silvia e Lucia Mattei si mettono in salvo saltando dalla finestra. La moglie Anna fa in tempo a prendere in braccio i due bambini più piccoli, Antonella e Giampaolo, e a uscire di casa. Ma Virgilio e Stefano Mattei, 22 e 10 anni, purtroppo non riescono a salvarsi. Moriranno bruciati vivi nel giro di pochi minuti.

La fotografia, pubblicata dai giornali, dei due corpi carbonizzati sulla finestra dell'abitazione provoca una condanna unanime. Anche se, contemporaneamente, si fa strada una campagna stampa guidata da diversi intellettuali a difesa dei militanti di sinistra accusati dell'episodio.

Per il rogo di Primavalle verranno condannati a 18 anni di reclusione - per incendio doloso e duplice omicidio colposo, oltre che per uso di esplosivo e materiale incendiario (pena prescritta) - tre esponenti dell'organizzazione Potere Operaio, tra cui Achille Lollo, che solo nel 2005 ammetterà un attentato con una bomba artigianale non esplosa rivolto a Mario Mattei, anche se allo stesso tempo sosterrà sempre di non avere incendiato la casa con la benzina. Marino Clavo e Manlio Grillo (rimasti latitanti senza mai scontare neppure un giorno di reclusione). La sentenza aveva escluso l'aggravante di terrorismo.

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