"Era un mio paziente. Aveva avuto un problema alla spina dorsale, ma l'avevo guarito. Poi ha iniziato a chiedermi di curargli il cane”. Con queste parole, in un’intervista a Il Messaggero, Francesco Le Foche, immunologo diventato noto durante la pandemia, ha raccontato dell’aggressione subita da un paziente, nel suo studio di via Po a Roma.
L’infettivologo ha voluto dare rassicurazioni sulle sue condizioni di salute dicendo che ha riportato solo una frattura zigomatica di sinistra e la sutura dell’occhio interno. Le Foche ha detto che, dopo l’aggressione, è andato in stato di incoscienza e di non avere ricordato più niente di ciò che è avvenuto nelle due ore successive, per poi essersi risvegliato in un letto dell’ospedale Umberto I ed essere stato sottoposto ad una tac senza che se ne fosse reso conto. Sebbene non ricordi tutta la dinamica precisa dell’accaduto, Le Foche ha detto di ricordare molto nitidamente il volto del suo aggressore che in passato era stato un suo paziente di 36 anni e non un No Vax come qualcuno aveva sospettato. L’immunologo ha dichiarato che l’aggressore era stato tre o quattro volte nel suo studio perché soffriva di spondilodiscite - infezione di uno o più dischi intervertebrali e delle vertebre - e le cure che gli aveva somministrato avevano dato esito positivo.
Il 36enne era rimasto talmente soddisfatto del suo percorso terapeutico-assistenziale e della competenza di Le Foche che aveva avanzato, a quest’ultimo, una richiesta del tutto singolare: voleva che curasse anche il suo cane che era malato. L’immunologo ha detto che, nell’ultimo mese, il paziente l’aveva contattato più volte per sottoporgli sempre la stessa richiesta, ma Le Foche gli aveva sempre risposto che non poteva esaudire il suo desiderio poiché non è un veterinario e se voleva far curare il suo cane doveva rivolgersi a qualcuno che, invece, lo fosse. Nell’intervista, Le Foche ha affermato riguardo al 36enne: “Era evidente che quel ragazzo avesse dei disagi mentali anche solo per avanzare una simile richiesta. È un paziente psichiatrico che probabilmente farà uso anche di stupefacenti”.
L’uomo ha poi portato il cane da far visitare a qualche veterinario e gli era stato detto che per il suo amico a quattro zampe non c’era niente da fare; nell’arco di poco tempo, infatti, il cane è morto. Secondo Le Foche, la dipartita dell’animale avrebbe provocato un senso di frustrazione nel 36enne a cui ha dato sfogo mediante l’aggressione ai suoi danni:“Forse nella sua mente addebitava anche a me il decesso del cane. Se avessi potuto fare qualcosa, figuriamoci se non lo avrei fatto. Amo i cani, ne ho uno anche io.
Ma questo giovane deve essere andato fuori di testa, non controllato da terapie”. L’infettivologo ha anche detto la mamma dell’uomo è una persona perbene e che, di solito, è lei a prendersi cura del figlio ma questa volta sembra che le sia sfuggito al controllo.
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