A poco più di tre mesi dalla morte l’espressione che più ricorre quando si parla di Silvio Berlusconi è «mi manca». Anche nel giorno del suo compleanno. E probabilmente lo sarà per molto tempo ancora. Manca agli affetti più cari, ai figli tutti, a Marta Fascina che si è chiusa in un dolore inconsolabile dopo anni vissuti «in simbiosi» con il Cav. Ma manca anche al Paese. Soprattutto al Paese.
Potrà sembrare strano, forse esagerato, ma nessuno ha elaborato la scomparsa di Silvio Berlusconi. Famigliari, amici, fan, alleati e avversari. È come se fosse venuta meno la presenza di un personaggio che ci ha accompagnato, che ha influenzato la vita di ognuno di noi, di diverse generazioni (da imprenditore come da politico) per quasi mezzo secolo.
In questi decenni l’Italia è stata per buona parte Berlusconi e Berlusconi è stata l’Italia. Al punto che al bene dell’Italia, all’interesse generale - concetto altisonante usato da molti, ma perseguito da pochi - il Cavaliere ha sacrificato molto. Ha sempre messo davanti l’interesse del Paese a quello, chessò di partito, pagandolo anche in termini di consenso. Basta pensare all’appoggio offerto a governi tecnici come quelli di Monti o di Draghi. Oggi tra i tanti protagonisti della politica chi avrebbe il coraggio o l’ardire di farlo?
È sceso in politica trent’anni fa, quasi costretto dalla convinzione che la sinistra di allora non avrebbe fatto il bene del Paese. Una scelta che lo ha esposto al rancore - anche quello mai elaborato - dei suoi avversari per trent’anni, un’ostilità che si è trasformata in una vera e propria persecuzione dal punto di vista mediatico e giudiziario.
Eppure malgrado ciò, a dispetto dell’immagine del Cavaliere nero che qualcuno gli ha affibbiato, Berlusconi ha sempre tentato, prendendosi schiaffi, facendosi concavo e convesso, usando le armi della politica, della mediazione e del compromesso, di unire il Paese. Di interpretarlo. Di guidarlo. È stato un servitore della Patria con le sue convinzioni che si potevano condividere o meno ma le ha sempre perseguite in buona fede. Come altri servitori dello Stato di cui il sottoscritto non ha mai approvato le idee ma a cui riconosceva onestà intellettuale. Solo che rispetto ad altri, il Cav nella sua azione ha sempre avuto ben chiaro un principio da vero liberale: il rispetto per tutti.
Già, «bisogna crederci e crederci ancora» erano le sue parole ma senza violentare le coscienze di chi la pensa in altro modo. Semmai tentare di persuadere i propri interlocutori della bontà delle proprie proposte, delle proprie intuizioni. Ecco perché una delle principali qualità del Cav è stata quella di voler essere a tutti i costi inclusivo. Tentare di includere non di dividere. In politica interna, come in politica estera.
Solo un personaggio del genere poteva scendere in politica mettendo insieme democristiani, socialisti, repubblicani, liberali, socialdemocratici e financo comunisti pentiti. Solo un personaggio del genere poteva stringere tra le sue mani insieme (immagine ancora vivida) quelle di un presidente americano, George W. Bush, e di un presidente russo come Vladimir Putin. O essere un europeista convinto indipendentemente dalle simpatie e antipatie che nutrivano verso di lui a Bruxelles. Solo un personaggio del genere poteva trovare un’intesa con Gheddafi, al costo di prendersi un mal di stomaco per bere latte di cammello in segno d’amicizia.
Ugualmente con il turco Erdogan o l’egiziano Mubarak. Poi ti chiedi perché nel 2010 in Italia sono arrivati dell’Africa solo 4mila 406 immigrati clandestini. Ecco se guardi ai problemi spinosi che il Paese si trova ad affrontare, se valuti il livello dello scontro tra maggioranza e opposizione, se fai attenzione alla competizione, a volte nociva, che si sviluppa tra i partiti della coalizione, ti accorgi che Berlusconi ci manca. Eccome se ci manca. Nessuno nel Paese di oggi ha avuto la storia, le esperienze, le relazioni del Cav per cui la sua assenza si sente. Nessuno ha la sua capacità e la sua autorevolezza nel mediare tra alleati e di individuare un compromesso con gli avversari.
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