In attesa del ricorso in Cassazione dei legali di Olindo Romano e Rosa Bazzi per chiedere di riproporre la richiesta di revisione per i due coniugi condannati all’ergastolo per la Strage di Erba, il podcast "Il Grande Abbaglio" ricostruisce tutti i clamorosi errori dei giudici di Brescia, che non hanno ammesso nessuna delle diverse prove in quanto giudicate non nuove o comunque ininfluenti. Errori di cui nessuno ha parlato e che potrebbero portare la Cassazione ad accogliere la richiesta dei legali e costringere la Corte d’Appello di Brescia (o di Venezia) a rifare il dibattimento. Il parere di 14 scienziati è stato considerato carta straccia senza che nemmeno uno di loro fosse ascoltato in aula, nessuna prova è entrata in aula ma nella sentenza di inammissibilità i giudici di Brescia sono entrati comunque nel merito, tentando di scardinarne i capisaldi. A giurisprudenza di Cassazione vigente, questo è sufficiente per rifare l’udienza dibattimentale. Ma perché le prove non sono state considerate "nuove"?
Sull’amnesia del testimone chiave per la condanna dei coniugi, Mario Frigerio la difesa aveva portato a Brescia la consulenza di diversi scienziati come il professor Giuseppe Sartori, neuropsicologo all’università di Padova, secondo cui il testimone avesse peggiorato i suoi ricordi con il passare del tempo, un’amnesia anterograda dovuta all’intossicazione da monossido di carbonio sprigionato dall’incendio, che ne avrebbe danneggiato il cervello: per questo inizialmente Frigerio aveva descritto un uomo olivastro, più alto di lui, esperto di arti marziali e mai visto prima. E solo successivamente, in seguito alle nove domande postegli dal comandante dei carabinieri di Erba Luciano Gallorini, aveva mutato per sempre i suoi ricordi.
Per i giudici "l’intossicazione non è dimostrata" ma non è vero perché a rilevarla fu il medico legale Giovanni Scola, consulente dell’accusa, che visitò Mario Frigerio il 28 dicembre 2006 e che riportò tutto in una relazione agli atti del processo, citata anche dal legale di Frigerio Manuel Gabrielli. Prima bugia. Per demolire tutte le nuove prove che documentavano le clamorose discrasie nel racconto di Mario Frigerio, i giudici di Brescia scrivono che non vi è nulla di nuovo, perché secondo loro "le diverse audizioni di Mario Frigerio sono state ascoltate direttamente in aula nel corso del dibattimento di primo grado". Ma neanche questo è vero. In aula, nel dibattimento, fu fatto sentire solo un pezzo di una delle audizioni, quella del 15 dicembre, peraltro la parte con l’audio modificato in cui la frase "stavano uscendo" divenne "è stato Olindo". Né, altra balla, fu fatto ascoltare l’audio del colloquio tra Frigerio e Gallorini con le domande assertive sull’Olindo che il maresciallo negherà di aver fatto: "Lui indicava una persona perché tra l’altro non ha mai indicato il nome di Olindo anche perché io non gliel’ho mai chiesto".
E le conversazioni inedite di Frigerio, scoperte solo recentemente? Per i giudici gli avvocati di Olindo e Rosa avrebbero dovuto chiedere la produzione delle intercettazioni in fase di udienza preliminare o al dibattimento. Ma è esattamente ciò che i legali fecero due volte ma fu entrambe negato. Non sono mai state agli atti del dibattimento e la Corte d’Appello di Brescia dovrebbe saperlo. Su migliaia di intercettazioni ne entrarono meno di dieci e dunque i giudici di Como e quelli successivi non le conobbero mai. Ecco perché sono prove nuove ma secondo i giudici di Brescia gli audio inediti non aggiungono nulla di nuovo perché in quei giorni il testimone era confuso, mentre quando testimoniò in aula era lucido e sicuro. Ma va’? È questo il tema. Disse in aula che dal 20 dicembre 2006 si liberò di un peso parlando con Gallorini, disse a tutti che ad aggredirlo era stato Olindo. Ma i nuovi audio con i figli e l’avvocato, in cui non ricordava assolutamente nulla dell’aggressore, sono ben successivi al 20 dicembre 2006, proprio per colpa dell’amnesia. Sono datati 22, 24 e 26 dicembre. E lo smentiscono completamente. Ma le bugie non finiscono qui.
Quanto alla macchia di sangue sull’auto di Olindo e sulle clamorose divergenze tra ciò che testimoniò in aula il brigadiere Carlo Fadda che le repertò e le sue fotografie (ne mancano diverse e sono repertate non in ordine), i giudici di Brescia sostengono: "Le fotografie non consentono di vedere la traccia (la cui posizione è, comunque, individuata da un cerchio)". Infatti, nessuno ha visto la traccia ma si vede "l’effetto bagnato" per il Luminol spruzzato.
Fadda alla Iena Antonino Monteleone disse che la prova era smontabile, ma per i giudici "il soggetto intervistato non ha l’obbligo, penalmente sanzionato, di dire la verità anzi è sicuramente condizionato dal mezzo e tende generalmente a compiacere l’intervistatore". Sarebbe stato dunque logico ascoltarlo in aula e chiedergli se ha mentito in tv o a processo, non stabilirlo aprioristicamente. Ci sono decine di casi in cui i giornalisti sono stati chiamati a deporre per le interviste che hanno fatto. Vedi Pino Corrias chiamato a deporre in primo grado proprio sulla Strage di Erba sul suo libro "Vicini da morire" (pieno di strafalcioni, errori e leggende metropolitane, e dove nemmeno si parla dell’uomo olivastro inizialmente riconosciuto da Frigerio, ma questa è un’altra storia...).
Anche la testimonianza di Abdi Kais è stata giudicata superflua, lui che è testimone oculare delle aggressioni subite da un gruppo di marocchini con coltelli per colpa del mercato di stupefacenti dell’Erbese che faceva gola agli albanesi di Ponte Lambro e che era gestito dai familiari di Azouz Marzouk, con la supervisione della ’ndrangheta, pista oltremodo credibile, visto che a distanza di anni dei presunti appartenenti al sodalizio mafioso utilizzavano cellulari criptati per fare ricerche sulla Strage di Erba, Per quale motivo? Forse non lo sapremo mai.
Infine c’è la tenda a casa di Valeria Cherubini. La difesa ha sempre sostenuto che la moglie di Frigerio - viva all’arrivo dei soccorritori sia stata uccisa nella sua mansarda, ma se così fosse la coppia è innocente. La tenda della portafinestra davanti alla quale la donna fu trovata morta era piena di schizzi di sangue, sangue che arrivava fino al soffitto perlinato. La difesa a Como chiese di farla analizzare perché riteneva che gli assassini l’avessero anche tagliata con un coltello. Respinta. Dopo i processi gli avvocati di Olindo e Rosa chiesero nuovamente di analizzarla, ma la tenda fu illecitamente mandata all’inceneritore, nonostante l’espresso divieto di due giudici, poche ore prima che la Cassazione autorizzasse l’esame.
La difesa ha comunque fatto realizzare la Bpa, una tecnica che analizza la direzione degli schizzi di sangue, dal team della criminologa Roberta Bruzzone. Ma per la Corte d’Appello di Brescia non serve, perché ci sono solo le foto e dalle foto non si capisce niente. Balla. Perché in aula l’allora comandante dei Ris, il colonnello Luciano Garofano, parlò di schizzi di sangue sulla tenda da proiezione, come se la Cherubini fosse stata uccisa lì.
Le prove sono nuove e possono riaprire il caso.
Ecco perché la Cassazione potrebbe dar ragione a Olindo e Rosa. Anche se, quando si parla della Strage di Erba, le interpretazioni di sentenze, prove e testimonianze a volte sfuggono dai canoni giurisprudenziali tradizionali. Tu chiamale se vuoi coincidenze.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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