Lo schiaffo della sinistra a chi è stato ammazzato a guerra finita

Ancora tensione alta a Schio dove nei giorni scorsi si è commemorato l'eccidio di 54 persone uccise dai partigiani

Lo schiaffo della sinistra a chi è stato ammazzato a guerra finita
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Polemiche e attacchi, manifestazioni, una sinistra che viene definita “meschina ed ipocrita”: 68 anni dopo, l’eccidio di Schio è ancora un tema caldo. Il delitto che nella notte del 6 luglio 1945 portò alla morte 54 persone per mano partigiana resta motivo di scontro. Nella cittadina in provincia di Vicenza non calano le tensioni per quel fatto che macchiò di sangue un’intera comunità. Negli ultimi giorni è successo di tutto: una messa privata per evitare disordini, una mostra fotografica organizzata dall’Anpi tra le vie del centro, con la risposta di una familiare delle vittime dell’eccidio, infine le commemorazioni e le manifestazioni di estrema destra e sinistra del Veneto.

Storia breve dell’eccidio. Nella notte tra 6 e 7 luglio del ’45, a guerra conclusa, un gruppo di partigiani di stanza a Schio fece irruzione nelle carceri cittadine e uccise sul colpo 54 persone, ferendone altre 17. Tra le vittime c’erano politici e simpatizzanti fascisti, ma anche detenuti comuni. Numerose sono le premesse e le conseguenze di quel delitto. Negli anni è rimasto sotto i riflettori Valentino “Teppa” Bortoloso, uno degli autori di quella rappresaglia, l’unico oggi ancora in vita: venne condannato a morte, poi la pena venne tramutata in ergastolo e, dopo alcuni anni di galera, uscì per amnistia. Alcuni a sinistra lo hanno riabilitato perché nel 2017 ha firmato un patto di pacificazione insieme ad Anna Vescovi (figlia di Giulio Vescovi, all’epoca commissario prefettizio di Schio, rimasto ucciso in quell’episodio).

Proprio Anna Vescovi, che solitamente non torna sul tema per evitare polemiche, ha scritto una lettera a Il Giornale di Vicenza per dire la sua su quanto sta accadendo, con un chiaro riferimento alla mostra fotografica sulla Resistenza organizzata dall’Anpi sabato mattina. “Anche la mia riconciliazione con Valentino Bortoloso non è stata sufficiente per andare oltre, malgrado il Bortoloso stesso abbia pubblicamente definito l'eccidio "inutile e doloroso" – scrive - Oggi finalmente è chiaro da quale parte vengano le provocazioni, le istigazioni all'odio e la mancanza di volontà di andare oltre, non per dimenticare, ma per imparare dagli errori del passato allo scopo di proiettarsi verso un futuro di pace. In concomitanza con l'anniversario dell'eccidio è apparsa una mostra con foto ed espositori sulla Resistenza. Che senso ha l'8 di luglio una mostra simile? E proprio in centro a Schio, luogo della strage? Capirei se fosse stata fatta intorno al 25 aprile, ma adesso?”. Il presidente di Anpi Vicenza Danilo Andriollo, contattato telefonicamente da ilGiornale.it, non ha rilasciato dichiarazioni. “È palese – conclude la Vescovi - come la logica del "massa puchi" sia nel dna di una certa sinistra meschina ed ipocrita che per esistere deve trovare qualche motivo”. Il riferimento è a un’espressione in dialetto veneto (“massa puchi”, ovvero “troppo pochi”) che alcuni esponenti della sinistra locale hanno usato in passato per dire che nell’eccidio sono stati fatti fuori “troppo pochi” fascisti.

Ma in tutti questi giorni il clima in città è stato piuttosto teso. Venerdì sera i familiari delle vittime si sono riuniti per celebrare una messa in forma privata: fino ad alcuni anni fa la funzione era pubblica, ma gli scontri tra fazioni e le polemiche hanno costretto i parenti a rendere il ricordo riservato. Sabato si è inserita l’Anpi, che ha organizzato una mostra fotografica che alcuni in città hanno definito “provocatoria”, nel giorno a cavallo tra messa e commemorazione. Domenica mattina ci sono stati i cortei di destra e sinistra: i primi (con alcune sigle neofasciste e qualche braccio teso) sono passati di fianco alle vecchie carceri per ricordare le 54 vittime; i secondi hanno organizzato una contromanifestazione antifascista e hanno ricordato Giacomo Bogotto, partigiano torturato e ucciso dai fascisti alcuni giorni prima dell’eccidio. In centro a Schio erano presenti Polizia e forze dell’ordine, pronte ad intervenire anche con l’autoidrante.

Le due fazioni non si sono scontrate, ma gli attacchi e il clima di tensione sono rimasti. E probabilmente, nonostante i tentativi di trovare una concordia civica (c’è un patto firmato tra le parti nel 2005), questi scontri resteranno a lungo.

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