Lo scorso febbraio, due manifestazioni hanno cambiato il corso delle opinioni nel nostro Paese. Il 23 ci furono due diversi cortei, a Pisa e a Firenze, che indignarono la politica e il mondo civile d'opposizione perché i poliziotti utilizzarono i manganelli contro i manifestanti. Venne fuori un caso enorme, che tenne banco per settimane, anche perché in modo inconsueto si espresse anche il presidente della Repubblica, stigmatizzando l'azione delle forze dell'ordine.
I gruppi pro-Palestina, i collettivi di sinistra e i vari agitatori anarchici, da quel momento si sono sentiti legittimati nelle loro azioni violente e gli agenti hanno iniziato a temere ripercussioni in caso di intervento, tanto che è stato loro data disposizione di non utilizzare i manganelli ma solo gli scudi. A tre mesi dai fatti, sei manifestanti sono stati iscritti nel registro degli indagati perché "ritenuti coinvolti a vario titolo negli scontri con le forze dell'ordine", con l'accusa, tra le altre, di "resistenza".
Ieri mattina attorno alle 6, gli uomini della Digos hanno effettuato le perquisizioni a casa di nove soggetti, nonostante gli indagati siano solo sei. Gli altri tre, infatti, sono considerati testimoni e sono stati individuati grazie alle riprese effettuate dalle telecamere durante la manifestazione. Il loro ruolo nell'indagine risulta essere cruciale, in quando avrebbero registrato alcuni momenti salienti degli scontri, avendo quindi materiale utile alla prosecuzione delle indagini. Da ieri a Firenze si susseguono le proteste per l'indagine avviata dalla procura e il vittimismo la fa da padrone nei messaggi che vengono lasciati sui social. Il sindacato Sudd Cobas Prato-Firenze ha reso noto che tra i perquisiti, oltre ad "alcuni membri della comunità di lotta", ci sono la coordinatrice e il coordinatore sindacali, ma non è stato reso noto se siano ne gruppo degli indagati o in quello dei testimoni.
Lo scopo delle indagini è quello di accertare ogni fase di quella manifestazione, che come spesso accade in queste occasioni ha disatteso le indicazioni di sicurezza della questura, cambiando percorso senza autorizzazione. Una volta raggiunto il punto di concentramento, infatti, i manifestanti hanno deciso arbitrariamente di percorrere il Lungarno Vespucci verso il consolato americano, dove era schierato un dispositivo di sicurezza a tutela della struttura diplomatica estera, considerata un obiettivo sensibile.
Giunti in prossimità del cordone, i manifestanti hanno esercitato pressione contro i poliziotti, che hanno risposto con cariche di alleggerimento per tutelare il consolato e allontanare la manifestazione, che non si sarebbe dovuta trovare lì.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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