Così la sinistra ha cancellato i confini terrestri e nascosto il vero numero dei migranti

Il 2017 l'Italia sigla il Memorandum. Da quel momento il Viminale conteggia solo chi arriva via mare. Dimenticati i confini terrestri. Solo lo scorso anno si sono contati almeno 10mila invisibili

Così la sinistra ha cancellato i confini terrestri e nascosto il vero numero dei migranti
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"Grazie ad un cruscotto statistico giornaliero, a cura del dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione, è disponibile un insieme di numeri aggregati sul fenomeno". Così si legge sul sito del ministero dell’Interno nella sezione di monitoraggio dei flussi migratori in entrata in Italia. In realtà non si tratta però di una visione d’insieme, i conteggi vengono fatti solo per gli sbarchi. "Il ministero dell’Interno - dichiara a Vita Gianfranco Schiavone di Asgi, Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, lo scorso novembre - non pubblica mai i dati complessivi sulle domande d’asilo presentate dalle persone che non arrivano via mare. È una volontaria omissione, come se queste persone non esistessero anche quando poi di fatto fanno domanda d’asilo in Italia e rientrano nel nostro sistema di accoglienza".

Nonostante le passerelle e gli slogan di fronte ai barconi di Lampedusa c'è da ricordare che uno dei principali canali di entrata è il Friuli Venezia Giulia dove approdano i migranti della rotta balcanica. E i numeri non sono nemmeno così bassi, anzi: "Lo scorso anno (2021 ndr) - continuava Schiavone - sono state presentate circa 10mila domande". Sul confine sloveno il direttore di un centro di accoglienza, che ha preferito rimanere anonimo, ha confermato al Giornale.it: "La sinistra è molto concentrata sugli sbarchi. Sapere i numeri dei migranti che passano il confine terrestre è praticamente impossibile, si dovrebbe fare un censimento questura per questura, a seconda di dove e se vengono trovati e identificati". Internamente, a livello regionale e provinciale non è escluso che questi dati ci siano ma a livello nazionale non compaiono.

Questo impasse non è certo una novità, anche se il clamore mediatico della ricerca di porti sicuri delle Ong lo ha fatto passare inosservato. Tutto risale al gennaio del 2017, momento in cui l’allora governo guidato da Paolo Gentiloni istituì questo "cruscotto statistico" e i dati ancora oggi sono visionabili fino a quell’anno. Ed è proprio in quell’anno, anzi solo il mese successivo - il 2 febbraio 2017 - che viene firmato il Memorandum Libia-Italia, per mano dell'allora ministro dell'Interno Marco Minniti. Magari sarà una coincidenza ma sicuramente i fatti oggettivi destano qualche dubbio.

Il controverso patto euro-africano si è posto fin dall’inizio come il tentativo di arginare l’immigrazione clandestina dalla Libia all’Italia. Al centro del documento, però, c’è e c’è sempre stata l’attuazione del Trattato di Amicizia, Partenariato e Cooperazione firmato a Bengasi nel 2008, "e in particolare l’articolo 19". E il punto 2 del suddetto articolo è molto chiaro: "Sempre in tema di lotta all’immigrazione clandestina, le due parti (Libia e Italia ndr) promuovono la realizzazione di un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche, da affidare a società italiane". E ancora: "Il Governo italiano sosterrà il 50% dei costi, mentre per il restante 50% le due parte chiederanno all’Unione Europea di farsene carico". Il tutto, come si legge, sotto la totale autonomia del capo di Governo dello stato della Libia, riconosciuto da Ue e Italia, Fayez Mustapa Serraj.

In pratica l'Italia ha finanziato e affidato a società del nostro paese la costruzione di campi sui confini interni della Libia, come quello con il Ciad, la Nigeria, l'Algeria e la Tunisia, istituendo, allo stesso tempo un report giornaliero sugli sbarchi che dalla Libia arrivavano in Italia. Sbarchi che verosimilmente calavano, grazie alla "detenzione" interna alla Libia. Insomma, mentre il nostro paese ha finanziato la protezione dei confini terrestri libici - ripetiamo mediante accordi economici con società italiane - non ha mai preso in considerazione, né politicamente, né istituzionalmente, i confini terrestri italiani.

Quello a cui abbiamo assistito sembrerebbe non essere stato altro che un accordo politico-economico da parte di quella sinistra che, sfoggiando un buonismo di facciata utile a ricevere il consenso sul facile tema umanitario, altro non avrebbe fatto che

investire denaro pubblico sui confini africani. Il tutto facendo orecchie da mercante sui nostri confini e strumentalizzando la via del mediterraneo per quello che verrebbe da chiamare business.

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