"Voleva uccidere, non merita sconti". La procura chiede l'ergastolo per Cospito

La requisitoria del pg di Torino Saluzzo per l’attentato di Fossano

"Voleva uccidere, non merita sconti". La procura chiede l'ergastolo per Cospito
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«Non siamo qui per fare sconti se non quando gli sconti sono dovuti, fondati e meritati. E Cospito non merita nulla». Sono parole pesanti quelle di Francesco Saluzzo, procuratore generale di Torino, nella requisitoria del processo d’appello a Alfredo Cospito, l’anarchico che voleva morire di fame per protestare contro il 41 bis. Nel frattempo Cospito ci ha ripensato, ha ripreso peso, è stato riportato in carcere a Sassari: sempre in regime di massima sicurezza. E ora quella cella rischia di essere la sua casa per tutta la vita.

Ieri Saluzzo chiede per lui l’ergastolo, spiegando che l’attentato alla caserma di Fossano nel 2006 fu un atto feroce, un atto di terrorismo puro che solo per caso non si trasformò in una carneficina: «Volevano uccidere - dice il magistrato - dare un segnale, stroncare i giovani che studiavano alla scuola carabinieri di Fossano, volevano infliggere allo Stato un colpo in uno dei suoi gangli essenziali».

Il processo d’appello a Cospito si era fermato in dicembre per dare tempo alla Corte Costituzionale di decidere se anche un imputato per terrorismo abbia diritto alle attenuanti per fatto di «lieve entità», e la Consulta ha detto di sì: le attenuanti possono essere concesse. Ma per la Procura generale di Torino l’attentato di Fossano non era affatto di lieve entità, e l’unica punizione adeguata è dunque il carcere a vita: Saluzzo spiega di chiederlo «con una certa dose di sofferenza umana» e che «l'atteggiamento della procura generale non è di vendetta dello Stato nei confronti di Cospito: lo Stato non ha nulla di chi cui vendicarsi contro di lui».

Il detenuto assiste all’udienza via tv, dalla cella di massima sicurezza del carcere di Sassari dove è stato riportato dopo che la Cassazione gli ha confermato il 41bis, per la pericolosità dei suoi rapporti con la galassia violenta.

Appare ingrigito ma quasi in forma, l’unico postumo del lungo sciopero della fame è un piede che non ha ripreso a funzionare appieno. Ma soprattutto è tornato il Cospito dei proclami e delle polemiche, il rivoluzionario che rifiuta con sdegno il sospetto ampiamente circolato nei mesi scorsi - di essersi battuto contro il 41 bis anche per conto dei detenuti mafiosi. Però poi butta lì una dietrologia che sembra fatta apposta per dare fiato alle lagnanze dei boss contro il carcere duro: il trattamento di massima sicurezza sarebbe, dice Cospito, lo strumento «usato per mettere il bavaglio a una generazione di mafiosi che lo Stato ha usato e poi tradito rinchiudendoli qui sino alla morte per tappare loro la bocca ed evitare che emergano i segreti oscuri della Repubblica».

Cospito stavolta non lancia appelli all’insurrezione, d’altronde sa che fare la faccia feroce in questo momento non gli conviene.

Si concede anche una frase commossa per due detenuti, un russo e un siciliano,

che seguendo il suo esempio hanno iniziato anche loro uno sciopero della fame nel carcere di Siracusa, ma nessuno se li è filati e sono morti entrambi, tra aprile e maggio.
«Me ne sento moralmente responsabile», dice.

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