L'associazione più rappresentativa dei birrifici artigianali, Unionbirrai, si costituisce nel 1999 appena tre anni dopo la nascita delle prime realtà. A rappresentarla, con un ulteriore mandato biennale conferitogli lo scorso febbraio, Vittorio Ferraris, piemontese e socio del Birrificio Sant'Andrea.
Ferraris, oltre vent'anni di birra artigianale in Italia. Si può parlare ancora di moda?
«Non nel senso di novità, ma io sono convinto che la birra artigianale sia ancora di moda nel senso che continua a incontrare il gusto del pubblico».
Oggi però sembra che i giovani amino più bere gin tonic che birra artigianale.
«Una cosa non esclude l'altra anzi, parliamo comunque di un consumatore consapevole, che cerca qualità e originalità nel prodotto che sceglie».
Quindi lo stato di salute del comparto è buono?
«Il 2022 è stato un anno eccellente, di crescita anche rispetto al positivo 2019 e certamente di gran lunga migliore del biennio caratterizzato dal Covid. Le difficoltà comunque non mancano, il volume complessivo della birra artigianale cresce lentamente, la maggior parte delle aziende sono piccolissime e quindi più esposte alle crisi di mercato e infine c'è la burocrazia che spesso non aiuta noi piccoli».
In che senso?
«Nel senso che nel biennio della pandemia il Governo ha dimostrato una certa attenzione nei nostri confronti: siamo contenti della conferma degli sconti sulle accise ottenuti nell'ultimo decreto milleproroghe e del lavoro che stiamo facendo a Roma con le istituzioni. Tuttavia spesso capita di incontrare ostacoli sul piano attuativo dei decreti ministeriali perché affidati all'interpretazione delle agenzie locali».
Mi faccia un esempio.
«Un episodio recente ha messo in difficoltà alcuni brewpub (i locali dove produzione e somministrazione al pubblico coincidono, ndr) e riguarda l'interpretazione su ciò che è prodotto confezionato, quindi bottiglie, lattine e fusti, e prodotto sfuso nel decreto ministeriale del 4 giugno 2019 che parla di riduzione dell'aliquota di accise sui microbirrifici. In alcuni casi si sono registrate contestazioni da parte di alcune agenzie delle dogane sulla produzione dei brewpub che andrebbe intesa come sfusa quando in realtà è condizionata. Perché quello che cambia è solo la dimensione del contenitore, ovvero del fusto».
E questo cosa comporta?
«In taluni casi si è
arrivati alla richiesta di riassetto del deposito, pena la revoca della licenza con la conseguenza di mettere in estrema difficoltà, quando non addirittura a rischio chiusura, piccole realtà locali come sono tutti i brewpub».
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