«Non siamo più negli anni Ottanta, il mondo del commercio e il mercato sono cambiati e il Covid dovrebbe averci dato un insegnamento, che sembra già dimenticato». È molto perplesso Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano Lodi Monza e Brianza contro il progetto di legge, firmata da Fratelli d'Italia che stabilisce l'obbligo di tenere i negozi chiusi durante i festivi. Niente shopping e spesa almeno per sei giorni l'anno: Natale, Pasqua, Primo Maggio, Ferragosto, Capodanno e Santo Stefano.
La proposta di legge è firmata da Silvio Giovine della commissione Attività produttive: ora è approdata alla Camera. La legge riguarderebbe negozi e supermercati, ma non i pubblici esercizi come bar, ristoranti, pasticcerie o i punti vendita all'interno di aeroporti e stazioni di servizio. Per i trasgressori è prevista una multa fino a 12mila euro e per chi tiene aperto per due festività in un anno, anche la chiusura da uno a 10 giorni del locale.
«La proposta di chiudere i negozi durante i giorni festivi suscita preoccupazione per le possibili ripercussioni soprattutto sull'attrattività dei nostri territori - spiega Barbieri -. Gli esercizi commerciali svolgono un ruolo cruciale nel mantenere vivibili e accoglienti le nostre città, offrendo servizi essenziali indispensabili anche per turisti e visitatori. E non va dimenticato il fondamentale ruolo sociale e di presidio alla sicurezza».
Ma il discorso è articolato e tocca diversi punti: «Il mercato è cambiato - spiega Berbieri- e per poter reggere la concorrenza dell'on line bisogna diventare multicanale. Durante il Covid, infatti, sono sopravvisuti solo gli esercizi che sono riusciti ad aprire e commerce, piattaforme e siti web per poter lavorare anche quando il negozio fisico era chiuso per legge. Ora non possiamo certo tornare indietro».
Un altro esempio pratico viene offerto dalle pizzerie per esempio: è stato grazie agli accordi con le piattaforme di delivery che sono riuscite a sopravvivere. Dalla sigola pizza cosgeata dla cameriere in bici si è passati a centinaia di cibi consegnati dai rider. Non solo il mercato, ma anche le abitudini dei milanesi sono cambiate così c'è chi preferisce mangiare la pizza o il sushi a casa sua, come chi ha tempo di fare la spesa solo a mezzanotte dal divano di casa. Stesso discorso per i regali di Natale o per lo shopping personale».
È poi importante riconoscere le differenze tra le grandi città e i piccoli centri. Le città possono, infatti, contare su un flusso costante di visitatori e turisti e su una multicanalità della shopping experience mentre i piccoli comuni spesso dipendono dalle aperture festive per attrarre clienti e sostenere le attività locali. Una chiusura generalizzata potrebbe penalizzare proprio queste realtà, il ragionamento di ConfCmmercio.
«È necessario valutare attentamente le implicazioni per l'attrattività dei territori, distinguendo tra le esigenze delle grandi città e quelle dei piccoli centri, e promuovendo un dialogo costruttivo per raggiungere soluzioni equilbrate e condivise» conclude Barbieri.Tutto ciò fermo restando il diritto al riposo e alle ferie che sono però tutelati dal contratto nazionale.
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