Caro Vittorio Feltri, se davvero «togliessi il bavaglio solo agli amici» sarei incoerente e fazioso. La libertà di Formigli e la tua non sono due cose diverse. Mi capita spesso di difendere anche dal telegiornale che dirigo e conduco un tuo omonimo, del quale ciclicamente qualche Torquemada invoca la lapidazione o per lo meno la radiazione dall'Ordine dei giornalisti. Quando prendo le parti di un giornalista, ultimo caso appunto Formigli, non lo faccio per riflesso corporativo, ma perché in ogni azione giudiziaria dai contenuti chiaramente intimidatori o punitivi vedo un indebolimento delle difese immunitarie del nostro mestiere.
Potenti di destra, di sinistra, o attenti solo al profitto, non cambia: se chi può muovere investimenti importanti e grandi studi legali chiede risarcimenti a sette zeri a un giornale o a un singolo giornalista, oppure minaccia di non comprare più spazi pubblicitari, solo perché un servizio non gli è piaciuto, questo a casa mia si chiama attacco alla libertà di stampa. Vale allo stesso modo per la casa automobilistica di Formigli e per la banca del Giornale , nel caso Rizzoli che tu hai citato ieri, così come per ogni altra richiesta smisurata di risarcimento. E bada: non sono così ottuso da pensare che il giornalista abbia sempre ragione. Nel caso Fiat-Formigli non lo voglio neanche discutere, e infatti mi guardo bene dal contestare il pur pesante danno patrimoniale stabilito dal giudice che ha sanzionato quel servizio di Annozer o (1 milione 750mila euro). Ma è l’altra parte, i 5 milioni 250mila euro di danno non patrimoniale (quello di immagine, di reputazione sporcata), che deve far scattare l’allarme per chi ha a cuore la libertà di informazione. La Fiat ne aveva chiesti addirittura 20, a quanto pare.
Quale azienda editoriale può permettersi di tirar fuori quei soldi? Quale giornale si avventurerà in altre inchieste scomode sui prodotti Fiat? Perché quell’azienda non ha accettato la proposta- avanzata fuori processo- di un servizio che desse correttamente conto del punto di vista del Lingotto? E chi si avventurerà più a intervistare Rizzoli se il Giornale sarà sanzionato? E anche se l’azienda o la banca «perdonerà », quale sarà di lì in poi l'atteggiamento della testata o del giornalista nei suoi confronti? Ma soprattutto: è mai possibile che nel giornalismo italiano i pezzi genuflessi nei confronti dei potenti (soprattutto dell’economia) debbano essere la regola, anche quando si parla della Duna o degli aiuti a Zalewski, e i servizi critici giusti o sbagliati, ma in buona fede - finiscano per essere un’anomalia da perseguire e reprimere? Perché si può dire che quel politico è rimbambito o quel libro fa schifo, che quel cantante è meglio dell’altro o quella trasmissione è copiata da quella della rete avversaria, ma non dire che un’auto non prevale nel confronto con le concorrenti?
E ad aggravare il caso Fiat -Annozero, ma anche quello De Benedetti-Giornale che tu ricordavi nello stesso articolo di ieri, sta l’odiosità ancor maggiore dell'azione intimidatoria quando a volerla sono soggetti che sanno bene quanto male rischiano di fare, visto che hanno forti interessi nello stesso settore dell’editoria. Eppure se ne sbattono degli effetti devastanti, che riguardano non solo il giornale o il singolo che si vuol colpire, ma anche gli altri cento che così si vogliono educare. Usciamo da un lungo periodo in cui, un po’ per scelta un po’ per parte in commedia, i giornali hanno giocato tra di loro la stessa battaglia delle fazioni politiche.
Come sai quell’elmetto io non me lo sono mai voluto mettere.
Adesso che vedo a capo scoperto tutti i colleghi che stimo, vorrei che questa partita almeno ce la giocassimo insieme. Perché, come ha scritto un mio amico, o riconosci a tutti la libertà di pensiero o sei un liberticida.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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