Non si può dire o non si sa fare

I lettori ci scuseranno. Dobbiamo ancora parlare delle pensioni. Purtroppo questa tiritera non è colpa nostra, ma del governo. Ieri hanno tirato fuori l’ultima: il segretario della Cgil, il plenipotenziario Guglielmo Epifani, ha detto che l’accordo va fatto «ma un accordo non si fa solo con questo (cioè i numeri che ha dato Tommaso Padoa-Schioppa) e non si fa se non si capiscono i problemi e le richieste della gente e del sindacato». Cioè, per noi poveri mortali vuol dire che: i numeri sì, ma quelli che vanno bene al sindacato. Sulle pensioni la storia è lunga. Parte dal Dpef dell’anno scorso dove c’era scritto che avrebbero messo questa riforma nella Finanziaria. Poi spostarono il tutto a marzo. Poi venne la primavera e non era tempo da pensioni. Ora siamo in estate e, se va bene, se ne riparla in autunno. Nel frattempo le foglie dell’albero dell’Inps sono già cadute e il disastro dei conti incombe.
Questa storia, che tutti conosciamo, contiene, bella chiara, la linea politica di questo governo. C’è dentro tutto.
Primo. Questo governo non può dire all’estero ciò che dice quando si riunisce a Palazzo Chigi. Infatti sembra che ora per sistemare le pensioni, e cioè rinviare il famoso scalone (pensione di anzianità da 57 a 60 dal 1° gennaio 2008), utilizzeranno l’ormai famoso tesoretto. Questo non lo possono dire a Bruxelles perché la Commissione Europea gli ha già detto che il tesoretto va usato per ridurre il deficit. Dunque: non si dice a Bruxelles quello che si pensa a Roma.
Secondo. Non si dice a Roma quel che si dice a Bruxelles. Se no scoppia tutto. D’altra parte Prodi e Padoa-Schioppa in Europa li conoscono e dopo anni che hanno predicato il rigore nei conti, come fanno, ora, a dire a Bruxelles il contrario di quello che hanno detto gli anni scorsi?
Terzo. Il governo non ha mantenuto, ad oggi, un impegno nei tempi che si era dato e che aveva dato al Paese. Poi, naturalmente, le motivazioni sono state tanto ampie quanto stucchevoli: un mese in più o in meno non cambia niente, l’accordo va trovato rispettando la pace sociale, la coalizione non può essere spaccata per il bene del Paese e cianfrusaglie del genere.
Quarto. In questo governo ormai è chiaro a tutti che non si è prodotta un’idea-una, che non sia il risultato di una mediazione fra tutte le idee contraddittorie che ogni partito dice un giorno sì e l’altro pure. L’unico punto di convergenza è cercare di trovare un equilibrio per rimanere in piedi. C’era un famoso giocoliere francese che teneva con le mani, coi piedi, con la testa, con la schiena tanti palloni addosso e non ne cadeva uno. Con l’unico problema che, così facendo, non poteva muovere un passo. Così è il governo Prodi.


Una piccola considerazione. Walter Veltroni, che sta divenendo il leader del Partito democratico, è un uomo con grandi capacità di mediazione. Ricordiamo che oggi, in Italia, la mediazione non è la soluzione. È il problema.

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