Il problema è che titolo dargli in italiano. Perché Bienvenue chez les Ch'tis risulta quasi intraducibile. Gli Ch'tis sono gli abitanti del profondo Nord francese, a un passo dal Belgio, così chiamati perché parlano lo ch'timi, dialetto vicino al fiammingo, dove la esse si trasforma in sci, mentre vocali e dittonghi si deformano con effetti comici alle orecchie dello straniero. Ma la fonetica, che certo fornisce spunti per infinite gag, non basta a spiegare il sorprendente successo del film di Danny Boon. Uscito il 27 febbraio in quasi 800 copie, Bienvenue chez les Ch'tis ha incassato finora 120 milioni di euro, totalizzando 20.222.813 spettatori (su 65 milioni di francesi, fate voi i conti). Un cine-uragano, che ha polverizzato ogni record, superando lincasso storico di Tre uomini in fuga. E chissà che, alla fine dei giochi, non affondi perfino Titanic, a quota 20.758.886 spettatori: ormai la sfida è sul filo di lana. Tanto è vero che la Warner Bros, annusando laffare, ha acquistato i diritti per un remake con Will Smith.
Intanto Medusa lo distribuirà il 3 ottobre, augurandosi di ripetere il miracolo francese, sia pure in scala minore. Titoli possibili: Giù al nord o Benvenuti al nord. Spiega Giampaolo Letta, ad della società: «È una commedia su un tema universale. Il rapporto nord-sud noi italiani lo conosciamo bene, con la sua coda di pregiudizi reciproci: culturali, linguistici, antropologici. Stiamo lavorando alladattamento dei dialoghi, per evitare scivolate di gusto. Non avrebbe senso far parlare, che so, il protagonista in calabrese e gli altri in valdostano».
In effetti, la scommessa sta proprio lì. Arpeggiare sulle differenze, sorridendoci sopra, in modo che alla fine ci si senta un po tutti Chtis senza rinunciare alla propria identità. Del resto, come suggerisce una battuta del film, «Al nord si piange solo due volte: quando si arriva e quando si parte».
Naturalmente il pensiero corre a Totò, Peppino e la malafemmina. Ricordate? I due comici napoletani approdavano a Milano, imbacuccati dalla testa ai piedi, temendo il freddo e spaventati allidea di non farsi capire dal «ghisa», che sfoderava un ottimo italiano. In Bienvenue chez les Ch'tis, invece, sono i nordici a parlare un patois pittoresco e contratto, incomprensibile a molti francesi. Magari è il film giusto per Bossi, nel senso che Bergues, il paesino con 4306 anime dove tutto si svolge, condensa una certa idea leghista del nord: gente fattiva, solidale, semplice, legata alle tradizioni, alloccorrenza espansiva.
Chiaro che, sulle prime, quella plaga ritenuta triste e inospitale appare come un incubo al dirigente postale Kad Merad. Lometto, pure di origine algerina, ha fatto carte false, fingendosi disabile, per ottenere il trasferimento dalla Provenza alla costa mediterranea tanto desiderata dalla moglie. Scoperto, lo spediscono in provincia di Lille, dove tutti lo compiangono. Il primo impatto è devastante: pioggia, freddo, una casa spoglia. Non sa, il sudista prevenuto, che i Ch'tis sono gente allegra: a Bergues si mangia bene, i liquori sono saporiti e le fanciulle molto carine. Sicché, nel succedersi delle trovate, va a finire che il direttore sinnamora del posto, e quasi simpatizza con i suoi dipendenti postali quando, accogliendo in visita la consorte del direttore alquanto scocciata dessere lì, inventano una finta Bergues sbracata e cialtrona in linea con la diffusa opinione razzista.
Figlio di un camionista algerino e di una piccarda, ebreo osservante per amore della moglie, il regista Dany Boon, pure attore nel film, di sicuro non si attendeva un trionfo commerciale di tali dimensioni. Pensate, a Lille ci si doveva prenotare una settimana prima per vederlo. Per rendere lidea, 120 milioni di euro equivalgono allincasso di cinque Natale in crociera, sei Manuale damore 2, dieci Notte prima degli esami.
La commediola è svelta, amabile, affollata di vignette, e di sicuro coglie un tema molto sentito - la sottovalutazione di una vasta provincia - nella Francia di Sarkozy. Intanto Bergues è diventata meta di gite turistiche, lo ch'timi impazza nelle suonerie e la fortuna del pestilenziale formaggio maroilles sta soppiantando quella del camembert.
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