Da Nord a Sud otto procure contro Berlusconi Ma Ruby: "Usata dal pm per colpire il premier"

I magistrati braccano il Cavaliere con ogni tipo di motivazione. Nuovo gossip sessuale. Ruby accusa il pm: "Mi usa per colpire il premier". La questura: "Nessun favore alla ragazza". Berlusconi: "Spazzatura". I racconti non tornano. Esplode il nuovo tormentone: bunga-bunga

Da Nord a Sud otto procure contro Berlusconi 
Ma Ruby: "Usata dal pm per colpire il premier"

Roma - È il pericolo pubblico nu­mero uno. L’Al Capone dei pa­lazzi di giustizia italiani. L’uomo che da quindici anni tutti cerca­no di incastrare, la magnifica preda delle toghe italiane, il so­gno proibito dei procuratori, il politico su cui pende una taglia indefinita ma di sicuro molto molto alta. Su Silvio Berlusconi indagano otto procure italiane. Da Sud a Nord: Caltanissetta, Pa­lermo, Napoli, L’Aquila, Roma, Perugia, Firenze, Milano. Una to­pografia del teorema giudizia­rio, una rete di magistrati che ac­cumula faldoni su faldoni, ipotiz­za reati, interroga testimoni, si la­vora pentiti, dà credibilità a per­s­onaggi che spesso non mostra­no di meritarla. Il tutto per strin­gere al collo del presidente del Consiglio, inattaccabile dal pun­to di vista politico ed elettorale, un cappio di tipo giudiziario. Una situazione molto simile al 1992-93, all’assalto giudiziario di Tangentopoli e al fallimenta­re attacco al «mafioso» Giulio Andreotti, nell’epoca fino a ieri più forcaiola della storia recente dell’Italia.

Negli atti delle otto Procure c’è di tutto:evasione fiscale,rap­porti con la mafia, molestie a mi­norenni, tangenti, appalti truc­cati. Nulla di intentato per far ca­dere il Cav. In qualche caso il coinvolgimento del premier è di­­retto, in prima persona. In molti altri il nome di Silvio Berlusconi non compare, ma lui si staglia sullo sfondo come bersaglio grosso. Ecco nel dettaglio cosa c’è sul tavolo delle otto Procure all’assalto di Berlusconi.

Caltanissetta e Palermo
Le due Procure siciliane ron­zano da anni attorno al nome di Berlusconi, cercando (inva­no) la pistola fumante, la pro­va dei rapporti pericolosi del premier con la mafia.Non con­te­nti dell’archiviazione a Calta­nissetta come mandante delle stragi del 1992-93 si sono con­centrati su Marcello Dell’Utri, collaboratore di Berlusconi sin dai tempi di Publitalia e Fi­ninvest e attualmente senato­re del Pdl. Nello scorso giugno la Corte d’Appello di Palermo, presieduta da Cl+audio Dal­l’Acqua, ha condannato a sette anni Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafio­sa. Ma le due Procure non si ac­con­tentano e continuano a sca­vare: l’uomo chiave nel teore­m­a antiberlusconiano è Massi­mo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito, che da qualche tempo ha ritrovato la parola, tratteggiando in mo­do oscuro l’ambiente nel qua­le maturò la stagione delle stra­gi nel 1992-93. Ciancimino è stato ritenuto poco affidabile proprio dalla Procura di Paler­mo e almeno uno dei tanti do­cumenti da lui prodotti, quello che avrebbe dovuto dimostra­re l’esistenza di rapporti tra Ciancimino senior e Berlusco­ni, si è rivelato un grossolano falso.

Napoli
La Procura del capoluogo campano ha scelto Il Giornale per colpire Berlusconi. Il 7 otto­bre scorso i carabinieri del Noe perquisiscono la redazio­ne milanese. Su mandato emesso dai pm Vincenzo Pisci­telli e John Henry Woodcock e vistati dal procuratore Giovan­domenico Lepore, cercano prove di un fantomatico dos­sier contro la presidente di Confindustria Emma Marce­gaglia, vendetta trasversale per alcune sue dichiarazioni critiche contro Berlusconi. Il direttore responsabile Ales­sandro Sallusti e il vicediretto­re Nicola Porro scoprono di es­sere indagati per concorso in violenza privata. L’indagine scaturisce da alcune intercet­tazioni disposte nell’ambito di un’altra inchiesta e si fonda su alcune frasi pronunciate in to­no scherzoso da Porro e inter­pretate come minacciose dai magistrati napoletani. Che mostrano una certa fretta e po­chi giorni dopo interrogano in qualità di persone informate dei fatti Mauro Crippa, diretto­re generale Informazione Me­diaset, Giancarlo Coccia, diret­tore dell’area Qualità e am­biente di Confindustria e Ri­naldo Arpisella, addetto stam­pa del Gruppo Marcegaglia, con cui Porro avrebbe avuto la fatidica conversazione telefo­nica.

L’Aquila
Anche qui si cerca di colpire per interposta persona. La pro­cura del capoluogo abruzzese indaga infatti su presunte irrego­larità negli appalti per la rico­struzione del dopo-terremoto. Tra gli indagati c’è Denis Verdi­ni, coordinatore nazionale del Pdl.Ma l’inchiesta lambisce an­che Gianni Letta, sottosegreta­rio alla presidenza del Consi­glio, che ha partecipato il 12 maggio 2009, a una riunione svoltasi a Palazzo Chigi nella quale furono creati i presuppo­sti per la nascita del «Consorzio Federico II», al centro dell’in­chiesta. Di Letta si è anche detto che sarebbe il Gianni che, in una telefonata tra Verdini e l’im­prenditore Riccardo Fusi, avreb­be «portato tutto a Bertolaso». Ma questa tesi, e in generale il coinvolgimento di Letta nella vi­cenda, non sono mai stati dimo­s­trati.

Roma
Silvio Berlusconi e il figlio Pier­silvio sono indagati dalla Procu­ra ca­pitolina nell’ambito di un fi­lone dell’inchiesta milanese sul­la compravendita dei diritti Me­diaset. I reati contestati sono eva­sione fiscale e violazione di nor­me tributarie. L’ipotesi è che sia­no stati gonfiati i prezzi dei diritti tv acquistati negli Stati Uniti per aumentare le detrazioni fiscali. Il difensore del premier, Niccolò Ghedini, taglia corto: «I prezzi dei diritti erano congrui, ci aspet­tiamo una pronta archiviazio­ne».

Perugia e Firenze
Le due Procure lavorano all’in­chiesta sulla cosiddetta «cricca», che avrebbe gestito alcuni grandi eventi-tra cui il G8 alla Maddalena­­e la ricostruzione all’Aquila, antepo­nendo all’interesse pubblico quelli dell’imprenditore Diego Anemo­ne, vero uomo-chiave della vicen­da assieme a Angelo Balducci, presi­d­ente del Consiglio superiore dei la­vori pubblici. L’inchiesta lambi­sce Guido Bertolaso, sottose­gretario alla Protezione civile con delega alle emergenze, uomo di fiducia di Berlusconi, che quan­do viene raggiunto da un avviso di garanzia si dimette. Le sue dimissio­ni sono però respinte dallo stesso Berlusconi. L’indagine parte dalla procura toscana, e si sposta in Um­bria quando nell’inchiesta finisce il magistrato romano Achille Toro.

Milano
È la Procura più attiva sulle at­tività di Silvio Berlusconi. L’ult­i­mo fascicolo riguarda la vicenda di Ruby, la ragazza marocchina ancora minorenne dell’ entoura­ge di Lele Mora che­in modo con­fuso e contraddittorio ha raccon­tato di presunti festini a luci ros­se ad Arcore. Ma i giudici milane­si­lavorano anche al filone princi­pale dell’inchiesta su Mediaset e all’inchiesta Mediatrade su presunte irregolarità nella com­p­ravendita dei diritti tv per crea­re fondi neri, per il quale Berlu­sc­oni è indagato con il figlio Pier­silvio e altri dieci.

E c’è Berlusco­ni anche sullo sfondo dell’inda­gine per riciclaggio della Banca Arner, la banca d’affari di cui il premier è cliente e a cui sarebbe legata la società Flat Point Deve­lopment da cui Berlusconi ha comprato alcune ville ad Anti­gua.

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