"Quella notte di 5 anni fa quando scoppiò l'atomica"

L'allora assessore al Welfare e il giorno di febbraio in cui venne diagnosticato il primo paziente Covid

"Quella notte di 5 anni fa quando scoppiò l'atomica"
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«Cinque anni fa esattamente, era pure giovedì...alle 21,30 cambiò il mondo». Giulio Gallera, consigliere regionale (Fi) ricorda quei giorni concitati, il 20 febbraio 2020 quando ricopriva la carica di assessore al Welfare di Regione Lombardia. «Ero fuori a cena ad Abbiategrasso e mi chiama il dg Cajazzo per dirmi abbiamo il primo caso di Sars Cov-2, corro in Regione dove è riunita la prima unità di crisi. Nessuno immaginava che sarebbe scoppiata la bomba atomica...».

Eppure si parlava già di Sars Cov-2? «Si sapeva che questo virus arrivava dalla Cina e poi c'era stato a Roma il caso della coppia di cinesi ricoverati allo Spallanzani. Tra metà genniao e il 20 febbraio si registrano in Italia un centinaio di persone in arrivo dalla Cina con la febbre: venivano prelevati dalle ambulanze e sottoposti a tempone ma risultavano sempre negativi. L'atmosfera era concitata, nessuno si immaginava però che il virus si sarebbe trasmesso con quella velocità, «eravamo forti dell'esperienza di un mese prima - ricorda Gallera - quando avevamo gestito 6 casi di meningite fulminante nella Bergamasca. Era come se avessimo fatto uno stress test: avevamo rintracciato i contatti di queste persone, in pochi giorni vennero vaccinate 33mila persone tra gli 0 e i 90 anni.

Tornando a quella notte...si cercano i parenti del paziente 1, vengono contattati la moglie e i genitori. A mezzanotte vene contattato il paziente 0. Inizia a serpeggiare l'idea che sia necessario chiudere la zona. Sono una decina i comuni. «In quei momenti mi venne un brivido - racconta Gallera - : stavamo condizionando la vita di 50mila persone. E siamo solo a venerdì alle 14 con l'istituzione della zona rossa.

Tra quei giorni e il 7 marzo è il delirio: «i contagi crescono in maniera esponenziale, cerchiamo di aumentare i posti letto, riceviamo le telefonate disperate dagli ospedali che non hanno più posto. Uno dei ricordi più emozionanti che ho risale ai primi di marzo, quando una sera mi chiama un giovane ammistratore tutto affannato e mi dice che sua madre si è ammalata ma l'ambulanza che è andata a prenderla è ferma davanti a casa da un'ora». Dal 118 spiegano che gli ospedali non accettano più pazienti: davanti agli ospedali di Cremona e Crema ci sono le ambulanze in fila che non riescono a sbarellare i pazienti.

«Il 20 marzo vado a vedere i pronto soccorso di Lodi: è la discesa agli inferi - cotnua l'ex assessore - . Nel girone dantesco si vede una stanza chiusa, con letti tutti attaccati, i pazienti sono intubati, alcuni sono in letti da bambino, con i piedi che escono, e in fondo al buio i pazienti deceduti. Gli infermieri non hanno il tempo di portarli nella camera mortuaria».

Il 23 febbraio è un'altra giornata memorabile...«Siamo in video conferenza con la Protezione civile quando dallo staff mi comunicano che la collabortarice del governatore Fontana sta male. Viene ricoverata al Sacco e sottoposta a tampone. Il giorno seguente veniamo chiamati per il tampone...Paura? No, stranamente no». Tutti ci ricordiamo la diretta del presidente Fontana che dà la notizia e indossa la mascherina: «Ci prendevano in giro mentre il sindaco Sala annuncia Milano non si ferma: c'erano dirigenti che piangevano perchè non si riusciva a fare passare certi messaggi». La sera del 7 marzo viene annunciata la chiusura della Lombardia, la mattina mercati e parchi sono affollati...

«Altro momento che ricordo come agghiacciante fu a fine marzo quado mi viene comunicato che non ci sono più posti in terapia intensiva. La notte squilla il telefono: è il presidente della Croce rossa che annuncia l'arrivo di 15 respiratori dalla Cina. Mi si accende una luce di speranza». Dopo le telefonate di medici e infermieri disperati, «un giorno mi vengono suggeriti i medici cubani, esperti nella gestione delle epidemie. Scrivo all'ambasciatore per chiedere se avesse personale disponibile - racconta l'ex assessore -.

Domenica mattima, mentre sto facendo la barba squilla il telefono: l'ambasciatore annuncia che nel giro di una settimana una cinquantina tra medici e infermieri sarebbero stati pronti a partire». L'ospedale da campo di Cremona venne gestito completamente da loro.

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