Olimpico, messa laica in onore di «Gabbo»

Curva Nord in silenzio per 20 minuti. Poi il calcio torna normale

da Roma

È la prima domenica senza Gabriele Sandri, per la Curva Nord. Così, nel santuario del tifo biancoceleste Lazio-Parma è solo l’occasione per celebrare una grande messa pagana in memoria di «Gabbo», il supporter scomparso tragicamente nell’autogrill di Badia al Pino appena due settimane fa. Un rito che mescola sacro e profano: il sacro del ricordo del ventottenne dj. Il profano della «rabbia contro il sistema», del coro che in un silenzio irreale sovrasta tutto: «Giustizia, giustizia!».
Del resto che sarebbe stata una giornata diversa si era capito arrivando allo stadio. Tanta polizia, tenuta a distanza dalla curva. Un’inedita «zona rossa» attorno al ministero degli Esteri. La fanzine «La Voce della Nord» distribuita gratis «in omaggio a Gabriele», spiegano ai banchetti i ragazzi con i fratini rossi. Sul retro della rivista le ultime parole ideali pronunciate dal povero Sandri, in romanesco: «Passerò la notte insonne pe parla’ co’ Dio. Merito un posto bello, je lo chiedo a modo mio». Attaccata sulla vetrata della il ritratto di Gabriele, a fianco lo striscione «Lacrime, dolore, silenzio».
Entra la Lazio per il riscaldamento, sopra la maglia di allenamento i calciatori indossano una t-shirt. Sopra ancora quel volto, lo stesso disegno, vera e propria icona di giornata ormai.
A dieci minuti dall’inizio del match sui tabelloni scorrono le immagini del tifoso scomparso. Prima del fischio d’inizio il giovane Lorenzo De Silvestri, l’amico calciatore di Gabriele, depone un mazzo di fiori sotto l’immagine. La curva non assiste, entrerà solo venti minuti dopo. Nel mezzo il minuto di raccoglimento per il maresciallo ucciso in Afghanistan, Daniele Paladini: nessun fischio, solo applausi. Quando i tifosi della Nord fanno il loro ingresso arriva subito il momento che emoziona. Sotto il tabellone viene viene srotolato un grande striscione che recita «Curva Nord Gabriele Sandri». Quindi i cori, anche contro la polizia. Verso la mezz’ora nuova sorpresa: molti decidono di uscire, sempre «in segno di rispetto, perché oggi il risultato non conta».

E quando al 90’ arriva la rete di Fabio Firmani, romano e laziale doc, un altro di quelli che Gabriele lo conoscevano, questi corre impazzito verso quell’immagine sotto la vetrata, ci si scaglia contro, si toglie maglia e t-shirt mentre i compagni lo soffocano nell’abbraccio. Alza il dito al cielo per una dedica obbligata: e la sensazione forte, fortissima, è che oggi non potesse che finire così.

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