Tajani: "Criticati per il silenzio ma avevamo visto giusto"

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani: "Risultato importantissimo in tempi brevi. Lavorare sottotraccia ha funzionato"

Tajani: "Criticati per il silenzio ma avevamo visto giusto"
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«Avevamo visto giusto, e con un grande lavoro di squadra del governo, a cominciare dalla presidente Meloni, della diplomazia e dell'intelligence abbiamo ottenuto un risultato importantissimo, e in tempi brevi». Un risultato che «è un messaggio chiaro sul ruolo e il prestigio dell'Italia».

Giacca grigia e panciotto blu, il ministro degli Esteri Antonio Tajani arriva nel primo pomeriggio alla Camera dei deputati, dove l'applauso dell'aula saluta l'annuncio ufficiale della liberazione di Cecilia Sala, poi corre ad accoglierla all'aeroporto di Ciampino, insieme alla premier Giorgia Meloni e alla famiglia. Non nasconde la sua «gioia» per il ritorno della giovane giornalista dopo la prigionia a Teheran. E neppure «l'orgoglio» per il successo, dopo settimane di grande tensione e preoccupazione per la sorte della giovane italiana: «La situazione si è sbloccata definitivamente la notte tra martedì e mercoledì», confida, quando il direttore dell'Aise Caravelli «è andato a Teheran per l'ultimo colloquio e poi a riprendere Cecilia».

Una vicenda che la ha toccata da vicino, ministro: ieri il padre di Cecilia Sala ha rivelato che da diversi anni c'è un rapporto di amicizia tra le vostre famiglie.

«E infatti, da amico personale del papà, ho seguito con apprensione particolare la questione e mi fa particolarmente piacere che Cecilia sia finalmente libera. Oltre al dovere di ministro e responsabile della diplomazia ci ho messo inevitabilmente anche l'affetto del padre e dell'amico, e sono davvero felice. Ma è lo stesso lavoro che facciamo per ogni cittadino italiano nelle stesse condizioni, come nel caso di Alessia Piperno».

Durante la prigionia di Cecilia Sala vi sono arrivati più volte attacchi dalla sinistra e da una parte dei media.

«Siamo stati in silenzio e ci siamo presi qualche critica per questo. Ma anche le ore in cui abbiamo parlato poco sono servite, fin dall'inizio: fin dal primo giorno avevamo visto giusto e fatto quel che si doveva fare, continuando a lavorare senza sosta sotto traccia per cercare di liberarla. Così si ottengono i risultati, in casi difficili come questo: senza chiacchierare, parlando poco e agendo molto».

Ora si parla di possibile scambio con Abedini, l'ingegnere iraniano detenuto in Italia.

«Gli stessi iraniani hanno separato le due cose. Le decisioni sulla detenzione di Abedini spettano alla magistratura, che è indipendente, e non al governo. Intanto godiamoci questo grande risultato, e il rientro in Italia di Cecilia, finalmente libera».

Lei ha annunciato in aula a Montecitorio che domani sarà in missione a Damasco. Con quali obiettivi?

«L'Italia sta svolgendo un ruolo di primo piano nel processo di transizione in Siria, una sfida cruciale per la sicurezza del Mediterraneo anche in un'ottica di prevenzione e gestione dei flussi migratori. La fine della brutale dittatura di Assad è una svolta storica per il Medio oriente, e l'Italia vuol essere a fianco del popolo siriano per favorire la stabilizzazione del paese. A Damasco annuncerò un primo pacchetto di interventi della nostra Cooperazione allo sviluppo, e ribadirò alle nuove autorità l'importanza di un processo politico inclusivo che garantisca le libertà fondamentali e riconosca e valorizzi il ruolo dei cristiani come cittadini con pienezza di diritti».

Anche sulla presenza diplomatica italiana in Siria, nelle scorse settimane, lei e il suo governo siete stati bersaglio di critiche da parte delle opposizioni.

«E oggi siamo l'unico paese del G7 ad avere a Damasco un'ambasciata pienamente operativa: da mesi sollecitavo i nostri alleati europei a tenere una luce

accesa sulla Siria. I fatti ci hanno dato ragione: siamo stati tra i primi a poter avviare un'interlocuzione diretta con le nuove autorità siriane, e a coordinarci con i principali partner regionali a partire dalla Turchia».

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