Il conto alla rovescia segna meno otto giorni. Tanti ne mancano all'audizione di Domenico Arcuri (nella foto), l'ex commissario straordinario all'emergenza Covid scelto da Giuseppe Conte, davanti alla commissione parlamentare d'inchiesta sulla gestione della pandemia. La scelta di sentire Arcuri - alla sbarra con l'accusa di abuso d'ufficio per una fornitura di mascherine farlocche dalla Cina (la Procura di Roma ha chiesto una condanna a 1 anno e 4 mesi ma il reato è stato recentemente abolito) - è stata presa di comune accordo tra il presidente Marco Lisei (Fdi) e la sinistra.
L'obiettivo è scoprire la verità sul pasticcio dei dispositivi di protezione individuale, strapagati nonostante fossero inservibili e sdoganati allegramente con un declassamento a «mascherina di comunità». Un meccanismo spietato che - al netto delle ricadute sulla salute, visto che l'Italia ha il triste record di mortalità Covid nonostante due lockdown e l'obbligo vaccinale - ha arricchito diversi intermediari con commesse milionarie, a danno di altri imprenditori che sono rimasti esclusi dalle forniture. Uno di loro è la romana Jc electronics Italia srl, estromessa dalla struttura commissariale e recentemente risarcita dal tribunale civile di Roma con una cifra monstre di 203 milioni di euro a carico della presidenza del Consiglio, condannata in solido con il ministero della Salute. Il 16 gennaio è prevista anche l'audizione dei vertici di Jc.
A quanto si apprende dovrebbero durare circa un paio d'ore l'una, senza domande. Non è escluso che Arcuri non venga nuovamente richiamato in commissione, magari per rispondere ad alcune domande. Per esempio: perché alcune mascherine farlocche sono «passate», altre in regola no? Per capirlo sarà decisivo ascoltare anche i vertici dell'Agenzia delle Dogane e dei monopoli e soprattutto la testimonianza del whistleblower Miguel Martina, caldeggiata dallo stesso Lisei e dallo stato maggiore di Fratelli d'Italia.
Come ha sempre scritto il Giornale, l'ex funzionario per primo denunciò l'importazione di mascherine non conformi ma finì vittima di mobbing e ingiusti procedimenti penali e azioni disciplinari a suo carico da parte dei superiori, come ha stabilito di recente una sentenza del tribunale di Roma. «Fatti gravi sui quali la commissione intende fare piena luce, chi ha dichiarato il falso ne risponderà», sottolinea Alice Buonguerrieri di Fdi.
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