"Onegin" alla Scala amore impossibile. Martone torna ai russi

Il regista sul titolo di Ciajkovskij (da Puskin): "Ci parla anche di un legame spezzato"

"Onegin" alla Scala amore impossibile. Martone torna ai russi
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«Ho voluto immergere l'opera, innanzitutto, nella natura. Marcare l'estate del primo atto e l'inverno del secondo, scegliendo di ambientare tutto in esterni, tra il fieno appena tagliato e il ghiaccio che in gennaio copre i campi. Avendo come sfondo i cieli immensi che la lettura del poema-romanzo di Puskin evoca nella mente del lettore, il sole, la luna e le stelle della sterminata campagna russa». Così Mario Martone nelle sue note, su «Evgenij Onegin» - una grande storia d'amore, impossibile - l'opera composta da Ciajkovskij (1840-1893) che da oggi - ore 20,

fino all'11 marzo - viene rappresentata alla Scala; una nuova produzione. In campo, dunque, un regista che ha da dire sul repertorio russo, al quale ritorna (si ricorda la sua «Chovanscina» di Musorgskij, nel 2019); nome, il suo, stimato e in piena sintonia con il Piermarini, che ormai, da artista, frequenta da molti anni (nel 2011 la sua scabra lettura dei «Pagliacci» e «Cavalleria Rusticana», con Daniel Harding); senza contare il tandem, consolidato, con Margherita Palli, che, anche in questa occasione, firma le scenografie. Ma ora musica maestro!

Sul podio salirà uno «specialista» del genere: il russo Timur Zngiev, che accorse a sostituire, a suo tempo, il Maestro Valery Gergiev nelle rappresentazioni della «Dama di picche» nel 2022; erano i giorni dell'invasione all'ucraina, con grandi polemiche. Uno specialista, si diceva, per un repertorio, quello dell'opera lirica teatrale, che per il compositore russo fu motivo di grande attrazione. Nel caso di «Onegin», la fortuna però, a quanto pare, non arrivò subito, almeno da noi: la prima volta in Italia solo nel 1900, quando Arturo Toscanini la diresse alla Scala. L'accoglienza fu positiva ma non entusiasta, tanto che per il ritorno di «Eugenio Onieghin» si deve aspettare il 1954 con la direzione di Artur Rodzinski, con un notevole cast italiano: Renata Tebaldi, Ettore Bastianini e Giuseppe Di Stefano. La versione originale conquista la Scala dal 1973; poi tornerà, al Piermarini, pure negli anni Duemila. Oggi come allora voci degne di note.

Il cast schiera - nella parte del titolo - Alexey Markov, già applaudito come Saklovityj in «Chovanscina», principe Eleckij nella «Dama di picche» e Scelkalov in «Boris Godunov»; mentre come Tatijana debutta in un'opera Aida Garifullina, ascoltata finora in concerti diretti dai maestri Fabio Luisi, Michele Mariotti e Michele Gamba. La voce di Lenskij è quella di Dmitry Korchak, egualmente apprezzato nei mesi scorsi in ruoli di impegno, in titoli diversissimi, come «Rusalka» e «Guillaume Tell». Elmina Hasan è Olga e Dmitry Ulyanov è Gremin.

«Questo Onegin trasportato ai giorni nostri - conclude nelle sue note il regista Mario Martone - procede nel pieno rispetto letterale dell'azione del libretto ma porta dentro di sé il trauma dell'improvvisa e

irrimediabile separazione, il rimpianto per il legame spezzato: il precipitare nella tragedia dell'amicizia di Onegin e Lenskij ci parla della rottura tra la cultura russa e quella europea, dopo secoli di dialogo e di scambio».

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