Sospetto contagio al call center: lavoratori sul piede di guerra

Dopo che è circolata la notizia di un caso sospetto di positività al coronavirus, stato di agitazione per i tremila lavoratori del call center Almaviva

Sospetto contagio al call center: lavoratori sul piede di guerra

Adesso la paura è tanta, la notizia ha cominciato a circolare ieri e nel giro di qualche ora è arrivata a tutti i dipendenti. Un tam tam mediatico alimentato anche dalle chat whatsapp che ha gettato nell'angoscia migliaia di lavoratori. C'è un caso sospetto di positività al coronavirus al call center Almaviva di Palermo. Si tratta di una lavoratrice che manca da lavoro da una decina di giorni. La donna avrebbe partecipato ad una conferenza lo scorso 2 marzo, poi a partire dal 5 marzo, data in cui avrebbe iniziato ad accusare i primi sintomi, non si sarebbe più recata sul posto di lavoro. Adesso si cerca di ricostruire con chi è stata a contatto in quei giorni. Attualmente risulta ricoverata al reparto di malattie infettive all'ospedale Cervello di Palermo, dove secondo l'ultimo bollettino restano ricoverati 7 pazienti.

L'azienda ha attivato immediatamente il protocollo sanitario. Ma c'è comprensibilmente agitazione tra i tremila lavoratori della sede che da tempo manifestavano preoccupazione spingendo sull'acceleratore dello smart working. "Abbiamo chiesto con forza all'azienda - tuona la Uilcom - di provvedere immediatamente al blocco delle attività, alla sanificazione di tutti i locali e all'attivazione immediata dello smart working, nonché ad agevolare le verifiche sanitarie eventualmente richieste dall'Asp".

Dal canto suo Almaviva ha comunicato alle Rsu che l'Asp ha richiesto tramite il medico aziendale, l'elenco di tutte le persone in aula giorno 2 marzo e presenti sul servizio giorno 5 mattina, per attivare il protocollo di quarantena. Il protocollo prevede la comunicazione da parte dell'Asp ai relativi medici curanti che contatteranno direttamente i colleghi interessati. La dipendente, che sarebbe stata nei giorni precedenti in una città del nord, lavora al call center presso ed è in servizio al 1500, il numero di utilità sociale attivato per le informazioni ai cittadini sull'emergenza coronavirus. L'azienda ha comunicato, secondo quanto riferito dai sindacati, che in queste ore avranno esito le interlocuzioni relativamente allo smart working da parte dei committenti, ma la strada ormai è tracciata. Venerdì il call center aveva comunicato la decisione di sospendere entro le successive 72 ore - che scadono dunque oggi - tutte le attività dei lavoratori nei propri call center sul territorio nazionale, oltre 5 mila, che non possano essere gestite attraverso smart working, remotizzando l'operatività presso il domicilio dei lavoratori, modalità già adottata da 3500 dipendenti del gruppo nel settore IT.

E che gli operatori verranno accompagnati nelle nuove modalità di lavoro a distanza, "sulle quali viene concentrato ogni possibile investimento e attivato un confronto continuo per la necessari collaborazione con i principali committenti", potendo contare, è stato assicurato, "sul supporto per loro e per le proprie famiglie, sull'assistenza continuativa e sull'anticipazione delle mensilità previste dagli strumenti per il periodo di sospensione, anche attraverso un centro di contatto aziendale dedicato". I lavoratori che sono in forte agitazione, aspettano una risposta urgente, anche perché non hanno intenzione di derogare sulla propria salute.

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