Nel corso di una missione della Commissione Parlamentare Antimafia tenuta a Palermo, il 3 novembre 1988, Giovanni Falcone viene ascoltato - insieme ai suoi colleghi del cosiddetto "pool antimafia" - su molteplici temi di estremo rilievo: la missione costituisce infatti l'occasione per fare il punto sullo stato effettivo del contrasto a Cosa Nostra dopo la sentenza di primo grado del maxi Processo di Palermo del 16 dicembre 1987.
Interrogato Giovanni Falcone fornisce risposte chiare, precise e documentate sull'analisi del significato criminale della cosiddetta "seconda guerra di mafia", che definisce emblematicamente una "congiura di palazzo", sulla fondamentale importanza di introdurre nell'ordinamento italiano una disciplina di protezione dei testimoni di giustizia, sull'idea di spostare il tema delle indagini in materia di criminalità organizzata nell'orbita della cooperazione internazionale. Rispondendo, poi, a specifiche domande del presidente Chiaromonte e dell'onorevole Violante, Giovanni Falcone fornisce - dal punto di vista qualificato dell'Ufficio Istruzione di Palermo - una rilevante e suggestiva analisi sulla straordinaria complessità delle indagini concernenti i cosiddetti "delitti politici" di Palermo, facendo poi espresso e particolare riferimento proprio all'omicidio di Piersanti Mattarella, avvenuto a Palermo il 6 gennaio 1980 e di cui tra poco ricorre il quarantesimo anniversario.
Come si ricava dalla lettura del documento Giovanni Falcone definisce l'indagine "estremamente complessa", dal momento che "si tratta di capire se e in quale misura la pista nera sia alternativa rispetto a quella mafiosa, oppure si compenetri con quella mafiosa. Il che potrebbe significare altre saldature e soprattutto la necessità di rifare la storia di certe vicende del nostro paese, anche da tempi assai lontani". Falcone ancora ammonisce, trattandosi di una "materia incandescente", sulla necessità di non "gestire burocraticamente questo processo".
Sempre Falcone. "Diceva Pio La Torre che vi è stato un periodo della vita politica siciliana in cui si faceva la politica a colpi di mitra; e lui purtroppo è stato una vittima. Gli omicidi squisitamente politici sono: l'omicidio Mattarella. Ancora prima, l'omicidio Reina. L 'omicidio La Torre e per certi aspetti potrebbe essere un omicidio con venature politiche o di un certo tipo di politica l'omicidio di Roberto Parisi (allora presidente del Palermo calcio, titolare dell'Icem, società che dal 1970 aveva in appalto la manutenzione degli impianti di illuminazione pubblica della città di Palermo, ndr). Non ho citato l'omicidio Insalaco perchè non è ancora formalizzata l'istruttoria (Giuseppe Insalaco, fu sindaco di Palermo per cento giorno dal 17 aprile al 13 luglio del 1984. Aveva denunciato a più riprese le collusioni tra politica e mafia, ndr)."
Peraltro nello stesso passaggio dell'audizione, Giovanni Falcone evidenzia l'esistenza di "collegamenti e coincidenze" tra le indagini sull'omicidio Mattarella e quelle riguardanti, tra l'altro, la strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1989 (per la quale, come è noto, è stato condannato con sentenza passata in giudicato anche Valerio Fioravanti). "È quindi un'indagine estremamente complessa perché si tratta di capire se e in quale misura "la pista nera" sia alternativa rispetto a quella mafiosa, oppure si compenetri con quella mafiosa. Il che potrebbe significare altre saldature e soprattutto la necessità di rifare la storia di certe vicende del nostro Paese, anche da tempi assai lontani", dice Falcone
Come è noto, l'omicidio Mattarella pur essendo stato eseguito nel giorno dell'Epifania del 1980 arrivò sul tavolo di Falcone solo nel 1985. "Essendo emersi collegamenti e connessioni con altre indagini svolte da noi il processo ci è stato assegnato - spiega Falcone -. Lo stesso si può dire per l'omicidio La Torre in quanto sono necessari complessi accertamenti che derivano anche dalla seria, impegnata e appassionata opera politica svolta da La Torre che tutti conoscete; ci sono anche notevoli spunti e su questo non posso essere più preciso l'esecuzione materiale del delitto. Riteniamo possibile che vengano fuori interessanti spunti di indagine". Per arrivare alla sentenza però bisognerà aspettare altri dieci anni. Con sentenza del 12 aprile 1995 furono condannati all'ergastolo, come mandanti dell'omicidio Mattarella, alcuni boss mafiosi di primo piano, tra i quali Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Francesco Madonia. Fino a oggi, invece, non sono stati condannati gli esecutori materiali dell'omicidio.
Gli esponenti neri dei "Nuclei Armati Rivoluzionari" Giuseppe Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, processati proprio con l'accusa di essersi occupati dell'esecuzione dell'omicidio, sono stati definitivamente assolti il 17 febbraio 1998.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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