Spiati, controllati e monitorati. Da qualche settimana gli assistenti all'autonomia e alla comunicazione che espletano il servizio di assistenza in favore degli alunni disabili gravi, che frequentano la scuola secondaria di secondo grado, devono sottostare ad un nuovo sistema di verifica delle presenze. Un badge di ultima generazione che non serve solo a verificare l'ingresso e l'uscita del dipendente ma un vero e proprio controllo geolocalizzato degli accessi degli operatori. La determinazione dirigenziale della Città metropolitana di Palermo (numero 275 del 22 maggio 2019) parla chiaro: "l'Ente accreditato è tenuto alla rilevazione delle presenze degli operatori dipendenti attraverso timbratura con strumenti digitali (es: tessere digitali, app, palmari). L'applicazione permette di usare il proprio smartphone per segnalare la presenza all'interno di un perimetro geolocalizzato, o ad una certa distanza da un hotspot wifi. Da questo sistema si devono evincere le ore di intervento realizzate sul singolo utente e per ogni singolo operatore, sulle ore effettivamente rese".
Un monitoraggio che serve a rilevare le presenze effettive che poi, in maniera telematica, verranno trasmessa all'Ufficio scolastico della Città metropolitana prima dell'emissione delle fatture mensili.
Il nuovo sistema però, ha alzato un vespaio di polemiche sull'effettiva utilità di un monitoraggio che geolocalizzi la posizione esatta dell'utente. "Violano la nostra privacy" è il coro degli operatori che lamentano come il sistema non tenga minimamente conto dei ritardi degli studenti all'ingresso a scuola o della presa in consegna dell'alunno all'uscita dall'istituto da parte dei genitori. Calcoli da fare con il bilancino, che non tengono neanche conto del fatto che molti operatori sono costretti a lavorare su più ragazzi e su più ore nell'arco della settimana. Nonostante le polemiche, il servizio di localizzazione degli operatori è partito lo stesso. E così centinaia di assistenti che lavorano nelle scuole di Palermo e provincia, si sono ritrovati dall'oggi al domani a prendere confidenza con un sistema ancora imperfetto: tra chi ha già istituito dei palmari all'ingresso delle scuole, chi ha preferito optare per l'applicazione da installare obbligatoriamente negli smartphone degli operatori e chi ha scelto le tessere digitali. Sistemi non collaudati che hanno generato molti disagi agli operatori che lavorano nelle scuole.
Il nuovo sistema ha creato però un altro disagio che aggiunge oltre il danno anche la beffa. E sì, perché se da un lato i registri digitali sono stati introdotti proprio per rendere più snella la procedura e dematerializzare il registro cartaceo, in cui si apponevano fino a qualche mese fa le firme di entrata e di uscita, quest'ultimi vanno consegnati lo stesso. Insomma niente da fare, serve sia il registro cartaceo e quello digitale. L'Ufficio scolastico garantisce che il provvedimento che prevede l'utilizzo del Gps rispetta la normativa del Jobs Act sulle modalità con cui un'azienda può sovraintendere il comportamento dei dipendenti: "le informazioni che il datore di lavoro riceve devono essere esclusivamente relative ai dati di localizzazione e che il dispositivo debba sempre indicare quando la funzione di localizzazione è attivata e quando è disattivata - si legge nella determinazione dirigenziale -; i dati in tempo reale possono essere visualizzati solo in caso di pericolo per il dipendente o di reale necessità finalizzata. Il marcatempo rimane in dotazione al dipendente 24 ore su 24, e può essere disattivato fuori dall'orario di lavoro, ivi comprese le pause pranzo, i giorni di malattia, i giorni di ferie, i permessi ed altre concessioni".
Nel bando triennale però, si contestano anche le nuove modalità relative all'assenza degli alunni disabili. In caso di mancanza dello studente, la Città metropolitana garantisce solo per il primo giorno agli operatori un compenso esclusivamente per la prima ora: "da considerarsi tempo limite di attesa dell'arrivo in classe dall'alunno", si legge nel provvedimento. Se l'assenza si prolunga nei giorni successivi, l'operatore non ha diritto a nessun corrispettivo. Quindi basta una semplice influenza dell'alunno perché gli operatori - pagati a cottimo - siano costretti a restare a casa senza aver diritto ad alcun compenso economico pur essendo abili al lavoro. E se invece, gli operatori sono in ferie, malattia, permesso o comunque non in grado di essere in servizio, l'assistenza è sospesa per i primi tre giorni (la sostituzione parte dopo il quarto giorno di assenza dell'operatore). Detto in soldoni: se l'alunno si assenta, l'operatore va a scuola senza poter guadagnare nulla. Se invece, ad assentarsi è l'operatore l'assistenza ai disabili si ferma arrecando un danno prima di tutto agli stessi studenti costretti ad andare a scuola senza un'adeguata assistenza, o nel peggiore dei casi, sono costretti a restare in casa per la mancanza di un'operatore specializzato che li possa seguire durante l'arco della giornata scolastica. Il classico cortocircuito italiano.
Eppure tra le finalità del servizio c'è prima di tutto l'integrazione degli studenti diversamente abili e il diritto allo studio. La necessità di trattare tutti allo stesso modo sanciti anche dalla costituzione italiana che apre la scuola a tutti (art.34), che garantisce la libertà dell'insegnamento (art.
33) e dispone che tutti i cittadini abbiano pari dignità sociale e siano eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali (art.3). Diritti sacrosanti che a volte possono essere negati per una semplice influenza.
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