Quell'ultimo muro della Chiesa che non si inchina alla sinistra

Una parte di Chiesa cattolica combatte una difficile guerra contro la "dittatura del progressismo". Così i cattolici vogliono combattere il "pensiero unico"

Quell'ultimo muro della Chiesa che non si inchina alla sinistra

La Chiesa cattolica sta o non sta combattendo una battaglia contro quella che Joseph Ratzinger chiamava "dittatura del relativismo"? Le risposte possono differire. E, più in generale, non è semplice venire a capo di un quesito di questa portata. Bisogna anzitutto chiarire cosa significa "dittatura del relativismo". Le parole pronunciate dal teologo tedesco nella Missa pro eligendo che ha preceduto la sua elezioni vengono in nostro aiuto: "Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie". Qualcuno identifica il relativismo con l'individualismo esasperato. Altri pensano che relativismo e progressismo vadano a braccetto. E per questo contestano la presunta adesione di alcune istituzioni ecclesiastiche alle istanze tipiche di chi punta solo al progresso. Esiste tuttavia una parte di cattolicesimo - un gruppo spontaneo e non coordinato che risiede tanto tra le parrocchie, quale base di fedeli, tanto tra le istituzioni - che combatte un'aspra lotta contro la "dittatura del relativismo" e le sue emanazioni politico-culturali.

La Chiesa cattolica è chiamata a fare i conti con una "dittatura del progressismo"? Il professor Rosario Vitale, seminarista, la pensa così: "A scuola ci insegnavano che tutte le parole che finivano con “ismo” erano da considerarsi non buone. Che nel mondo ci siano varie dittature mi pare sotto gli occhi di tutti, e una di queste penso sia proprio il 'progressismo'. In generale progredire è sinonimo di farsi strada, di raggiungere mete, obbiettivi, sogni, financo nel proprio lavoro o settore, qualcosa di positivo e da incoraggiare dunque. I problemi sorgono quando questo progredire si distacca dagli insegnamenti del Vangelo e si dimentica del senso vero delle cose, in altre parole quando sentiamo dire: 'l fine giustifica i mezzi'". Gli "ismi", dunque, sono tutti negativi. E progredire può anche andar bene, ma a delle condizioni precise: "Il progresso in qualsiasi campo, distaccato dall’etica e dalla fede è sempre un fracasso, l’etica poi senza la ragione porta a conseguenze disastrose, questo lo abbiamo visto tutte quelle volte che in virtù di un 'bene maggiore' si sono giustificati molti di quei “progressi” di cui l’uomo oggi non va fiero. Progredire? Si! Ma nel solco della Tradizione rivolgendo lo sguardo al Risorto, che non è venuto nel mondo per “riformare”, lo ricordiamo, ma per dare compimento alla legge". Non c'è progresso, in sintesi, senza radici.

La tradizione dovrebbe rimanere l'architrave attorno cui tutto ruota. E forse è per questo che la cosiddetta "base cattolica", anche al livello elettorale, è sembrata confliggere con indicazioni provenienti dall'alto. Sul tema dei "nuovi diritti", ad esempio - quelli che adesso verranno promossi, se per la maggioranza tutto filerà liscio, con l'approvazione della legge Zan-Scalfarotto contro l'omofobia - la base cattolica non sente ragione. Anzi, i cattolici rilanciano, seguiti dai vescovi, criticando apertamente la ratio del provvedimento. Il professor Vitale non crede all'esistenza di modi di reagire diversi. Per il seminarista ed autore che abbiamo interpellato, la Chiesa cattolica è capace di rispondere con fermezza: "La Chiesa annuncia la verità e la giustizia, mi piace pensare che tutti in seno alla Chiesa, consacrati o laici vivano questa missione, anche se in modi diversi in virtù del ministero di ciascuno. Grazie a Dio noi cattolici abbiamo nel Romano Pontefice una guida e una colonna che sovente ci indirizza e ci fornisce la direttrice, se si segue quest’ultima è difficile reagire in modi differenti alle varie problematiche del mondo, siano queste il progressismo o il relativismo, magari i tempi di reazione possono essere diversi, ma non voglio credere che nella Chiesa ci siano uomini e donne che reagiscano al male con indifferenza". Su questi aspetti, però, può non esistere concordia.

Le "divisioni" interne alla Chiesa

In questi, c'è stato anche chi ha parlato di "Chiesa divisa", con tutto quello che ne consegue. Il vaticanista Aldo Maria Valli, in un'intervista che ha rilasciato ad IlGiornale.it, ci aveva detto quanto segue: "Da una parte una Chiesa in preda alle eresie moderniste, dall’altra i cattolici che non vogliono cedere al mondo. La Chiesa tedesca è economicamente molto forte e in grado di influenzare anche altre aree del mondo, come si è visto nel caso del sinodo amazzonico. Sotto molti aspetti, come il celibato sacerdotale e il sacerdozio femminile, un cardinale come Marx, presidente dei vescovi tedeschi, ha posizioni che non si distinguono troppo da quelle luterane. E questo che cos’è se non uno scisma di fatto?". Nelle disamine del "fronte tradizionale", l'Ecclesia ha sposato la causa progressista. Come? Relegando ad una dimensione minore le questioni spirituali ed entrando a gamba tesa sulle argomentazioni economico-sociali. Preferendo la politica, insomma, alla sfera esistenziale. In poche parole, quello appena esposto è il pensiero di coloro che pensano che la Chiesa cattolica stia attraversando una crisi senza precedenti. Sono le stesse persone che hanno delle perplessità sull'azione di papa Francesco. Vivremmo un periodo storico abitato da due opposte impostazioni: quella selezionata dai vertici ecclesiastici, che sono filo-ambientalisti, filo-migranti e filo-pauperismo; quella perseguita da alcune realtà ed alcuni contesti - spesso a loro volta tradizionali - in cui si continua a ragionare, partendo da presupposti che prevedono un conflitto con il mondo contemporaneo e con le nefaste conseguenze della paventata dissoluzione della civilità occidentale.

La Chiesa che non si piega al "pensiero unico"

Non è vero che tutti gli ecclesiastici promuovono l'accoglienza erga omnes. Una fonte che ha preferito rimanere anonima ha fotografato così la situazione: "Mica tutti (riferito ai consacrati che guardano a sinistra, ndr). Un pezzo dei preti è a destra. Sono due prospettive diverse. C'è chi ha una visione più sociale e chi meno. Ma in tutto il 900' è sempre stato così. Una parte della Dc, ai tempi di De gasperi, auspice Pio XII, voleva fare la giunta comunale a Roma col MSI. De Gasperi non volle insieme ad una gran parte del partito. Risultato: Pio XII si irritò e non volle più ricevere De Gasperi, che se ne rammarico ma rivendico la laicità del partito. Altri tempi e altri uomini". E ancora: "Molti stanno zitti. Non sara fifty-fifty ma poco ci manca. Ne conosco tanti che starebbero a destra e che stanno zitti". Questo dato è confermato da certa difficoltà in cui si può inciampare quando si tratta di domandare opinioni che possono declinarsi in prese di posizione poco in linea con l'andazzo. Anche se non soprattutto negli ambienti di Chiesa. Un consacrato che non ha mai avuto troppo timore di dire la sua è padre Padre Ariel S. Levi di Gualdo: "Anzitutto chiariamo che la Chiesa è una, composta al proprio interno da varie frange e correnti, il tutto da sempre, sin da quando i Padri si riunirono al Concilio di Nicea nell'anno 325. La frangia di Chiesa che resiste all'odierno "progressismo selvaggio" e "distruttivo" esiste e, per apparente paradosso, è composta dalla maggioranza. La storia in generale, ma anche la storia della Chiesa in particolare, dimostrano che a fare i cosiddetti grandi "colpi di stato" sono sempre stati gruppi minoritari di elites, semmai composti da aristocratici e borghesi che parlavano di popolo, di classe operaia e di riscossa del proletariato. Basterebbe andare a vedere chi provvide a mantenere quel prolifico autore tale fu quel notorio nullafacente di Karl Marx. O qualcuno è forse in grado di dimostrare che questo celebre mantenuto abbia lavorato un solo giorno della propria vita?", ha esordito a IlGiornale.it.

La distanza tra i vertici ecclesiastici e la base cattolica

La faccenda finisce per interessare uno scollamento persistente tra l'alto ed il basso del mondo cattolico. Anche su questo Padre Ariel Levi di Gualdo non ha troppi dubbi: "Purtroppo sì (riferito alla distanza tra vertici e base, ndr), ed è sempre più drammatico e doloroso questo scollamento, che ha una propria origine: lo spirito camaleontico di coloro che con disinvoltura estrema cambiano bandiera e saltano da un carretto all'altro. Basterebbe prendere molti dei nostri vescovi che parlano come dischi rotti di 'popolo', 'poveri', 'ultimi', 'immigrati', 'Chiesa in uscita' e via dicendo a seguire, quindi rivolgere loro alcune semplici domande, per esempio: quanto costano un litro di latte e un chilo di pane? Quanto costano un pacco di pannolini e una confezione di omogeneizzati per neonati? Quali sono le spese fisse per le riforniture domestiche che deve pagare una famiglia?". E cosa bisognerebbe fare, allora, per accendere i riflettori sui problemi del prossimo? Inteso come colui che già dimora nelle vicinanze? "E quando questi innamorati del popolo, dei poveri, degli ultimi e degli immigrati, faranno scena muta, allora basterà domandargli: "Perdonate, Eccellenze Reverendissime, ma in quali fantasiose e surreali "periferie esistenziali" vivete la vostra vita? Perché il povero, non è una metafora ideologia, meno che mai un trampolino di lancio per il cardinalato; il povero, è molto concreto. E, per la sua condizione di povertà, soffre sempre e vive profondi disagi esistenziali personali e familiari, perché spesso ha difficoltà a provvedere allo stretto necessario per se stesso e per la sua famiglia", ha tuonato il padre.

Le "armi" della Chiesa contro il relativismo

La Chiesa dovrebbe essere in prima linea nella contesta culturale contro lo sviluppo del relativismo, e quindi del progressismo per come viene inteso in chiave negativa. Se non altro perché una "cultura del relativismo" oggi risulta essere largamente diffusa. Almeno secondo le considerazioni di chi, per semplificazione, viene inserito nel novero dei "conservatori" o dei "tradizionalisti". Il professor Rosario Vitale, che certo non è etichettabile, chiarisce quali siano i confini della proliferazione di questa "cultura" e quali "armi" possa utilizzare la Chiesa cattolica per cercare d'arginare un fenomeno che appare - agli occhi dei critici - come irrefrenabile: "La cultura del relativismo, largamente denunciata da Joseph Ratzinger, soprattutto quando ricopriva l’importante ruolo di Prefetto per la Dottrina della Fede, è una cultura pericolosa perché induce l’uomo a credere che non esistano verità assolute o, ancora peggio, che esistano delle ideologie interpersonali che sono frutto di una “soggettivizzazione della verità”, per questo Sant’Agostino si chiedeva: 'Quid desiderat anima fortius quam veritatem?', 'Cosa desidera più intensamente l’anima se non la verità?"' Poi le affermazioni relative al ruolo che la Chiesa cattolica può giocare in questa partita dal tenore epico: "Da buoni cristiani abbiamo il dovere di fuggire da «dottrine varie e peregrine», come ci ricorda la lettera agli Ebrei, dobbiamo invece testimoniare sempre, anche a costo della vita o magari oggi della reputazione, la verità che ci fa liberi e ci rende uniti. La Chiesa possiede molte “armi” per contrastare oggi il relativismo, prima fra tutte la Sacra Scrittura e l’annuncio del Vangelo, che da più di duemila anni insegna a tutti gli uomini a non perdere la speranza".

Il rapporto odierno tra i fedeli e la politica

La base laica - quella che scenderà in piazza contro il ddl Zan-Scalfarotto entro la prima metà di luglio - è fondamentale per comprendere quali siano le forze in campo all'interno o all'esterno della Chiesa. Praticanti o meno, i cattolici che si oppongo alla proliferazione dei "nuovi diritti" oggi fanno buona parte del lavoro. E c'è - com'è ovvio che sia - anche un dialogo aperto con le forze politico-istituzionali. Per quanto ogni nazioni presenti le sue logiche - gli episcopati dei Paesi che hanno aderito a Visegràd non hanno problemi di dialettica con i governi di Visegràd - , anche l'Italia sembra divenire il palcoscenico di un parziale cambio di prospettive: la Chiesa, stando a quanto abbiamo raccolto nelle settimane precedenti, avrebbe iniziato a guardare con maggiore interesse alla Lega di Matteo Salvini, che ha già dimostrato di poter contare sul voto di una larga fetta di cattolici. Padre Ariel S,Levi di Gualdo ha immortalato così il quadro odierno, approfondendo il rapporto che intercorre tra fedeli ed i partiti politici:"Come italiano e modesto conoscitore della storia del mio amato Paese, ho sempre analizzato e valutato con stima quello che fu il grande Partito Comunista Italiano, formato da persone che avevano anzitutto degli ideali forti, delle ragioni di vita e delle prospettive future, basti solo pensare alla poetica de 'il sol dell'avvenire". Una visione inaspettata. Poi il proseguo del ragionamento: "Molti non lo ricordano, o non vogliono ricordarlo, ma quel Pier Paolo Pasolini al quale oggi inneggiano le lobby LGBT, dal Partito Comunista fu espulso nel 1949 per "immoralità", senza che alcuna cordata arcobaleno strillasse all'epoca "omofobi, omofobi!".

Quindi i vecchi comunisti erano rivali di grande onore e meritevoli come tali di profondo rispetto. Questo al contrario della attuale sinistra priva di ideali, ragioni di vita e prospettive future, perché tutta ripiegata sulla ricerca del 'tutto e subito' nel mondo dell'irreale e dell'emotivo".

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