La paura di cambiare i quartieri

Il fatto che la città per decenni non si sia mossa nelle grandi opere private, ha pesato non poco sulla mentalità che si è creata nei cittadini: pace, estetica e tranquillità del proprio quartiere non vanno turbati dal fervore edilizio che si sta impadronendo di ogni luogo. Un famoso immobiliarista è solito sottolineare che un certo ruolo in questo modo di pensare lo hanno avuto anche i viaggi. Curiosa teoria ma che forse ha un suo fondamento. Sono pochi infatti gli italiani che vanno all'estero per studio e per cultura, quanto invece sono molti che lo fanno per vacanza e divertimento, ben lontani quindi dall'approfondire fatti di urbanistica e architettura, per interessarsi invece a negozi, cibo, alberghi, qualche famoso museo o spiagge. Così nel tempo del sonno edilizio milanese quasi nessuno si è reso conto di quanto invece è accaduto nella nostra Europa. Oggi basta che si senta l'odore di un progetto, di una demolizione o quant'altro e si alzano barricate, si chiedono modifiche, si teme la parola «grattacielo». Una prova di tutto questo l'ho avuta quando si è reso pubblico che sull'area di via Castelvetro, occupata fino ad ottobre dal fatiscente stabilimento della San Pellegrino (quella della magnesia), l'architetto Emanuela Orlando ha progettato la costruzione di un centro commerciale e tre palazzine a nove piani, alte quanto altre già esistenti.

Dal Consiglio di zona ho udito critiche di spessore molto modesto, il cui punto di forza sta nel fatto che il lavoro è stato presentato con una Dia (Denuncia inizio attività), vale a dire come per una ristrutturazione e non come un nuovo progetto. Una resistenza inspiegabile, in un quartiere dove i pregi stanno in una bella casa liberty e in un variopinto mercato.

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