Poi uno potrebbe chiedergli se gli ideali della sua giovinezza avessero davvero qualcosa a che vedere, chessò, con il ritrovarsi a far parte di un partito che non solo non fa più menzione della parola sinistra, ma è pure guidato da un ex democristiano come Dario Franceschini, giusto per limitarsi alle ultime svolte. Epperò, che vuoi. A vederlo così, Massimo D'Alema, baffo e sorriso sprezzante nel salotto di Daria Bignardi, e a sentirlo commentare i suoi 60 anni fra due giorni con un: «Un uomo a cui sono legato da un sentimento d'affetto, Enrico Berlinguer, disse che tutto sommato era rimasto fedele agli ideali della sua giovinezza. E questo penso di poterlo dire anch'io», ecco, a vederlo così, «bilancio positivo senza dolorosi rimpianti», ti viene da crederci, e allora altro non puoi fare probabilmente che rispondere come ha risposto Daria Bignardi, mostrandogli un «Videosera del 1976», e portarlo a dire con occhio lucido che vabbè, il Pd e Veltroni e il Pci che non c'è più, «ma intanto siamo rimasti protagonisti della vita politica italiana, conquistando anche il governo».
Non che il lìder Maximo non sappia che «questo è un momento negativo, indubbiamente», anzi. Dice che in effetti il Pd ha avuto «forse più difficoltà del previsto a mettere insieme culture diverse», del resto lui era quello che a sei anni chiese alla maestra di esonerarlo dall'ora di religione, ammette. Aggiunge pure che il Pd ha una data di scadenza, fissata alla fine della legislatura, 2013, perché è inutile nascondersi che «non vedo le condizioni per una crisi». Daria Bignardi in studio lo aveva accolto rompendo il ghiaccio: «Lei che ha fama di essere un uomo glaciale dovrebbe trovarsi a suo agio qui all'Era Glaciale, per di più seduto sul trono». E lui a poco a poco si è sciolto. La battuta sul capotavola del tavolo rotondo, per dire: «Dov'è? Dove siedo io». E come vive questi 60 anni? «Vorrei rassicurarla, sto bene». Ottimismo, dunque.
Le stoccate non mancano. Con Walter Veltroni il dente è sempre avvelenato e D'Alema non ne fa mistero. Il Pd non è una forza autosufficinete dice, tiè. Di più: «Il paese non è fatto per il bipartitismo», beccati questa. L'ex segretario che in giro non si vede più? La risposta di baffino fa sentire freddo: «In passato abbiamo avuto momenti di asprezza ed altri in cui abbiamo lavorato insieme. Adesso secondo me Walter è in comprensibile amarezza e riserbo». Comprensibile amarezza e riserbo, da brividi. Ci sarà Veltroni, alla festa organizzata da Livia Turco con gli ex Fgci? Chissà, così a naso pare improbabile.
Comunque, qui e ora, D'Alema pare raccogliere l'invito dei fans su Facebook, «dai Massimo, torna in campo». A modo suo, certo, e cioè con avvertimenti a tutti. Goffredo Bettini si è autoescluso dalle liste delle europee puntando il dito contro il «regime correntizio» all'interno del partito? «Se la parola mia vale qualcosa spero che Bettini colga l'invito a candidarsi, non trovo disdicevole che faccia il numero due dopo David Sassoli». L'altra stoccata, D'Alema l'aveva lanciata nel pomeriggio a Franceschini. Il referendum sulla legge elettorale? Se non lo si può accorpare all'election day del 6-7 giugno, allora bene l'ipotesi, avanzata dal centrodestra, di rinviarlo di un anno: «A me pare che il rinvio sia il male minore, perché tutto sommato ci consente di fare una campagna dedicata al referendum, e ci lascia anche il tempo di fare quella riforma elettorale che il referendum auspica e che forse si potrebbe fare nel corso di quest'anno», ben sapendo che il segretario del Pd quell'ipotesi la boccia, «allora meglio andare a votare il 21 giugno, con il ballottaggio», ha detto infatti Franceschini. Quanto al suo voto, D'Alema voterà sì, «per scardinare questa legge elettorale che priva i cittadini di scegliere i loro parlamentari».
Quanto alla strategia politica: Berlusconi sarà pure «il proprietario delle tv», ma intanto «per due volte lo abbiamo battuto», e allora rimboccarsi le maniche e lavorare, ché l'unico modo è «far capire agli italiani che si tratta di una scelta improvvida».
E lui, D'Alema, che ruolo avrà? «Non guido il Pd». Alla Bignardi che insiste: beh ma conterà qualcosa? Lui risponde: «Sì... Come un battitore libero».
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