La messinscena è finita. Il caso De Luca apre una nuova crepa nel renzismo. Il premier si è appena messo alle spalle il pasticciaccio di Marino, marziano a Roma, e si ritrova con il governatore della Campania ancora una volta nella polvere. Con l'aggravante che non potrà, come ha fatto con Marino, prendere le distanze da De Luca. Costretto a scommettere su di lui, Renzi è diventato suo complice e dovrà difenderlo anche in quest'ultima occasione.L'accusa mossa al governatore della Campania è che la sentenza che sospendeva la legge Severino non è al di sopra di ogni sospetto. Anna Scognamiglio, giudice del tribunale di Napoli, avrebbe favorito De Luca in cambio di una promessa, un incarico nella sanità regionale per il marito. Il regista sarebbe appunto lui, Guglielmo Manna, il marito, grazie a un accordo con il capo segreteria del governatore, Nello Mastursi. Un gioco di favori incrociati: io ti salvo e tu mi dai la poltrona. Tutto da dimostrare, chiaramente. Un'accusa non è un verdetto, ma tutto questo ha conseguenze politiche e sociali forti.La prima è che l'equazione magistrato uguale onestà non vale. Non è una massima universale. Non è una certezza e, soprattutto, non è un architrave politico. Eppure proprio Renzi ha l'abitudine di risolvere i pasticci del Pd mascherandosi dietro una toga o un prefetto. Se la politica non funziona, non è una garanzia, ecco l'uomo delle istituzioni come commissario (...)(...) e supplente. È un paravento non solo poco democratico ma arbitrario, falso. I magistrati non sono, e non possono essere, a priori un salvacondotto di onestà e la storia di Napoli lo dimostra. Non c'è una casta più «giusta» delle altre. E se la politica fallisce non ci si può affidare alla dittatura dei servitori dello Stato, anche perché nelle storie di corruzione e malaffare lo Stato non è la soluzione, ma a quanto pare il problema.C'è poi la questione politica del renzismo. Il premier è meno forte di quanto voglia apparire. La sua strategia finora è stata quella di vendere una lunga stagione di riforme, alcune vere altre solo abbozzate o raccontate, per accreditarsi come l'uomo del cambiamento. Ma se a livello nazionale è riuscito a raccattare una maggioranza, per ora soltanto parlamentare e per di più ricattabile, a livello locale e nel partito la situazione è fuori controllo. Se il Matteo premier è un bluff venduto bene, il Matteo segretario è un fallimento dopo l'altro. Non ha indovinato una mossa e sembra un uomo solo, con una classe dirigente raccogliticcia, inaffidabile, compromessa e commissariata.
La perdita della Campania è un lusso che non può permettersi: sarebbe la breccia dove tutti i suoi avversari, soprattutto interni, sono pronti ad inserirsi, con la speranza di disarcionarlo e liberarsi del suo egorenzicentrismo. Chi dice che De Luca fa male al Pd sbaglia. Il problema del Pd è Matteo Renzi.Salvatore Tramontano- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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