Il Pd silura Marini (e Bersani): torna l'incubo Prodi

Non solo i renziani scaricano il segretario: le correnti del Pd vanno in ordine sparso. Bersani non tiene il partito. Anche la Moretti l'ha tradito. E Prodi torna in auge: la sinistra potrebbe eleggerlo alla quarta votazione

Il Pd silura Marini (e Bersani): torna l'incubo Prodi

Altro che spaccato in due, il Partito democratico si sta letteralmente sgretolando ai piedi del segretario Pier Luigi Bersani. Mentre sfuma l'intesa con Silvio Berlusconi su Franco Marini facendo cadere nel vuoto la possibilità di eleggere il nuovo presidente della Repubblica già al primo scrutinio, il leader del piddì resta a guardare, impotente, la sua precaria leadership messa in discussione dai suoi uomini. Tanto che al secondo e al terzo giro i democratici decidono di votare scheda bianca mentre sul Transatlantico torna ad a leggiare l'incubo Prodi e a Roma approda Matteo Renzi per dare il colpo definitivo al segretario.

"Marini non è passato - ha sentenziato Matteo Orfini - a questo punto bisogna fermarsi e trovare una soluzione diversa. Insistere sarebbe impensabile". Nel segreto dell'urna i democrats hanno votato in ordine sparso. Bersani non è stato lasciato a piedi soltanto dai fedelissimi di Renzi che, secondo fonti parlamentari, avrebbero votato più o meno compatti per Sergio Chiamparino. "Abbiamo voluto mandare un segnale - ha spiegato un deputato vicino al sindaco di Firenze - trovare un candidato di dialogo con il centrodestra è possibile, avrebbe potuto essere Amato". Intanto, però, il rottamatore il segnale l'ha lanciato a Bersani. Una badilata in pieno volto, di quelle che fanno male. E, mentre il Pd si sgretolava in diretta tivù, il primo inquilino di Palazzo Chigi recitava il de profundis del segretario piddì: "Nel partito c'è una profonda spaccatura. D'altra parte quando si elegge un presidente della Repubblica c'è in ballo il futuro dell’Italia, che è più importante del futuro del Pd". E il futuro di via del Nazareno, si sa, potrebbe portare il suo nome. Nella maggioranza democratica si punta l’indice contro chi ha trasformato quella del Quirinale in una battaglia personale, a cominciare da Renzi che vuole scongiurare a tutti costi l’ipotesi di un governo guidato Bersani. C’è chi si spinge a ricordare che in un altro gruppo chi non si fosse adeguato alle decisioni della maggioranza sarebbe stato espulso.

Il fatto è che addossare tutta la colpa ai renziani sarebbe una via di fuga troppo facile per Bersani. Da tempo, tra le correnti del Pd, ribolle un'insofferenza dilaniante nei confronti del segretario. La goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, spiegano in Transatlantico, sarebbe stato l’accordo siglato ieri sera con il Cavaliere. Basta dare un'occhiata alla distribuzione dei voti al termine del primo scrutinio per capire che Bersani non terrà la leadership ancora per molto. Se i prodiani si sono divertiti a prendere in giro il leader piddì, Pippo Civati ha seguito i grillini votando Stefano Rodotà per poi (ri)lanciare la candidatura di Romano Prodi. "Credo che alla quarta giungeremo a lui - spiega un giovane turco - anche se io preferirei D’Alema". I Cinque Stelle tentennano, due deputati spiegano che non voterebbero mai l’ex premier. "Non è proprio così - frena Sandro Gozi - sarei cauto a dire che il M5S non è a favore di Prodi". Insomma, i contatti fervono, gli sponsor dell’uno o dell’altro candidato si muovono per cercare i voti, mentre si attende di vedere quando si riunirà l’assemblea del gruppo (già circola l’ipotesi di autoconvocarlo con le firme di un decimo dei componenti) e quali saranno le scelte che annuncerà il segretario. D'altra parte nemmeno la bersaniana Alessandra Moretti ha seguito gli ordini di scuderia e ha preferito votare scheda bianca. Nonostante le prime batoste Bersani vorrebbe confermare, anche alla quarta votazione, Marini. Una strategia kamikaze che non preannuncia niente di buono.

"Il problema - spiega un esponente vicino a Dario Franceschini - è che ci sono in modo trasversale nelle diverse correnti molti deputati e senatori che non rispondono ai capicorrente ma al territorio". La lista degli scontenti è lunga. Basta fare un giro in Transatlantico per palpare la tensione. "Non è un voto contro la persona - spiega una deputata neoeletta - ma contro l’accordo con il Pdl. Non è possibile che il primo a dichiararsi a favore di Marini ieri sera sia stato Berlusconi e non il nostro segretario".

Nelle ultime ore sono stati i molti gli esponenti del Pd ad essere bersagliati da mail di elettori contrari alla linea di Bersani. Sul territorio i segretari di federazione sono letteralmente in rivolta. È il caos. Tanto che il sindaco di Bari Michele Emiliano ha già chiesto le dimissioni del segretario.

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