Roma Era giusto due anni fa. Conciato da Luciano Ligabue, sulla melodia di «Certe notti», Neri Marcoré intonava l’inno del nuovo Pd, che partiva così: «Caro Walter / che grande partito / nuovo di zecca / più bello che mai». Ma subito dopo, nel ritornello, arrivava la stoccata: «Certo che adesso / rifare il partito / coi vaffa di Grillo / mi sa che son guai». Già. Quasi profetico. Becchiamo l’attore-comico-imitatore nel suo primo giorno di vacanze. Magari vorrebbe occuparsi d’altro, buttarsi in acqua, leggere un libro, ma accetta di parlare col Giornale di Grillo che si candida a dirigere il Pd. Lui, Marcoré, nel 2007 sostenne convintamente il nascente progetto del Partito democratico, esponendosi in prima persona: capolista, nelle natie Marche, «per Veltroni segretario». Salvo mettere quasi subito, alla sua maniera ironica, le mani avanti: «Tanto faremo tutti in tempo a essere delusi dell’esperienza del Pd».
Deluso di come sono andate le cose?
«Non è di sicuro un momento esaltante per il Pd e la classe politica. Sono in attesa di qualcosa di meglio. Dopo gli attacchi incrociati a Veltroni mi sono allontanato. Diciamo che sto alla finestra. Mi piaceva l’idea di rendere più chiara la politica, contro il potere ricattatorio dei partitini. Pensavo fosse giusto impegnarsi, non limitarsi a criticare dall’esterno, respingere un certo disfattismo. Il fatto è che l’involucro conta, ma conta di più come lo riempi».
Ora i vaffa vengono direttamente dall’interno del Pd. Grillo s’è iscritto ad Arzachena, e presenterà le 2mila firme per candidarsi alla segreteria. Che impressione le fa un comico alla guida del Pd?
«Capisco l'ironia, ma forse “comico” è un termine restrittivo per il Grillo di oggi. La sua è un'operazione giornalistica, di denuncia, rispetto all'oscuramento di certe notizie. Si occupa di impatto ambientale, di energia nucleare, di acqua pubblica e privata. Il G8 ci sta arrivando, mi pare. Sono argomenti seri, che seguo con una certa partecipazione».
Quindi non le dispiace l'idea. Anche se nelle sue prime dichiarazioni Grillo descrive il Pd come “un comitato d'affari” e sfotte “fassini e dalemini, gente inesistente che sta lì non si capisce perché”?
«Allora diciamo che apprezzo alcuni temi politici cari a Grillo, molto meno le sue provocazioni. Mi dissocio dalla sua comunicazione. Non mi piace, ad esempio, la sua predisposizione a mettere tutti sullo stesso piano: Veltroni e Berlusconi, centrosinistra e centrodestra. Mi sembra banale, appunto una provocazione inutile, tanto più se ti candidi a dirigere il Pd dopo avergli sparato contro a palle incatenate».
Ne discende che...
«... che sarebbe servita una fase interlocutoria. Il passaggio da contestatore accanito a segretario di tutti mi pare precipitoso. Poi, per dirgliela tutta, sono convinto di una cosa. Molta parte del popolo di sinistra la pensa come Grillo, si riconosce nelle sue posizioni, anche estreme. Solo che bisognerebbe passare dalla denuncia a una politica costruttiva, positiva».
Con Grillo che spara sul mucchio, dicendo che “loro”, i dirigenti del Pd, sono “al buio, ammuffiti, si sente odore di naftalina”?
«Gli insulti non mi piacciono. Le mie simpatie vanno al centrosinistra, con moderazione. Non vedo strade convincenti, vorrei un Pd con un'identità decisa, piena. Intendiamoci, le differenze costituiscono una ricchezza, però s'è finito con l'esagerare: correnti, correntine, i laici contro i cattolici, Marino da un lato, Binetti e Rutelli dall'altro. Non so».
Nel suo spassoso “inno” in stile Ligabue lei canta, rivolto a Veltroni: “Tu sai che il leader non conta / il primo che parla c'ha ragione lui”.
«Appunto».
Dica la verità: a parte Grillo che forse provoca per mettere zizzania, tra i tre candidati ufficiali chi preferisce?
«Tutte e tre sembrano brave persone. Sull'onestà intellettuale di Franceschini, Bersani e Marino non ci piove. Nulla da dire. Aggiungo che l'essere giovani di per sé non è un valore. Tuttavia vorrei un segretario che mi scaldasse il cuore. Vabbè, lo dico: uno un po' alla Obama. E qui devo riconoscere che nessuno dei tre, tanto meno Grillo, ha le qualità per rivestire un ruolo del genere, così deciso, esaltante».
Ha visto che Marino parla di "questione morale grande come una montagna" a proposito di Luca Bianchini, il presunto stupratore romano segretario di un circolo del Pd?
«Magari doveva informarsi meglio. La mia posizione, per quel che conta, è questa: o i suoi precedenti figuravano sulla fedina penale e allora il Pd doveva saperlo ed evitare di dargli quella carica; ma se era impossibile saperlo non vedo dove stia la questione morale».
È mai stato iscritto a un partito? In fondo ha fatto campagna elettorale per Veltroni.
«Mai stato iscritto. Mai fatto vita di sezione. Nulla in contrario, ma se tesserarsi a un partito significa avere un obbligo io rivendico un'assoluta libertà di giudizio. Poi c'è tesseramento e tesseramento. Ricordo bene gli anni di Craxi, quando tanta gente dello spettacolo si iscriveva al Psi per lavorare».
Valeva anche per il Pci, ma vabbè.
«Ho preso posizione contro una scelta scellerata. C'era un bravo presidente della Provincia che veniva da Rifondazione, Massimo Rossi. Il Pd ha proposto un altro candidato. La sinistra s'è divisa. Alla fine ha vinto il Pdl».
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