Pdl, trionfo con il 40%. Il Pd si accontenta del 28

Stanotte, come sempre, tutti i leader diranno di aver vinto Noi vi sveliamo a cosa puntano davvero i partiti in corsa. Il premier festeggia se supera il record del 2008. L'ultima di Franceschini: ticket con D'Alema per non farsi cacciare

Pdl, trionfo con il 40%. Il Pd si accontenta del 28

Sembra di essere alla vigilia di Italia-Lussemburgo: sapevi già chi avrebbe vinto e guardavi la partita per il gusto dei gol a valanga. L’unico dubbio era quanti ne facevano i nostri. Stasera sarà come stare al tavolino di un Bar sport con la curiosità di conoscere quanti ne ha fatti il Pdl. Fosse un incontro di baseball, verrebbe interrotto dall’arbitro per manifesta inferiorità di una delle due compagini, nella fattispecie il Pd. Che considera un successone perdere «appena» il 5% rispetto un anno fa.
Mai vittoria (o sconfitta) è stata più annunciata. E mai come stavolta è necessario un vademecum di orientamento. Perché oggi è sulla differenza reti che si giudicherà se le squadre hanno giocato bene o potevano fare di più. Prendiamo il Pdl. Che vincerà, non c’è dubbio. Ma di quanto? Silvio Berlusconi in campagna elettorale si è proposto obiettivi sempre più ambiziosi: il 40%, poi il 42, magari il 43, e contemporaneamente il record personale di preferenze (tre milioni nel 1999), e infine la soglia-tabù simbolica del 51% assieme alla Lega, cioè la maggioranza assoluta per la coalizione di governo.
Alzare l’asticella Se un saltatore non alzasse continuamente l’asticella non conquisterebbe mai il record. E questo ha fatto il premier, un po’ perché è nel suo carattere, un po’ per galvanizzare la truppa, un po’ per affrontare più tranquillo il G8 e i mesi seguenti, un po’ per archiviare le violente polemiche sulla sua vita privata. Comprensibile che, come diceva il suo amico Mike Bongiorno a Carosello, punti «sempre più in alto».
Berlusconi tuttavia è il primo a sapere che il «grande slam» è un traguardo arduo. Per il Pdl il trionfo sarebbe superare il 40% e strappare alla sinistra almeno 25 province. Tutti dicono che 4 voti su 10 sono il minimo. Ma bisogna considerare che di solito, alla prima occasione utile, gli elettori toccano il tempo al governo. Per di più Berlusconi ha dovuto traghettare il paese attraverso la crisi economico-finanziaria più grave dal 1929, ha subìto le scosse del terremoto abruzzese ed è reduce da una durissima campagna di stampa contraria, condotta in patria e fuori. E poi le elezioni europee tradizionalmente non scaldano i cuori di chi vota il centrodestra.
Le roccaforti in bilico Il Pdl comunque potrà considerare un buon risultato se confermerà il 37-38% di un anno fa e farà cadere 15 amministrazioni locali «rosse», tra cui qualche tradizionale roccaforte del centrosinistra: si vota per i comuni di Bologna, Firenze, Bari e per le province di Milano, Torino, Napoli oltre che in centri come Livorno, Prato, Pistoia, Grosseto, Rimini, dove soltanto pochi anni fa il ballottaggio sarebbe stato un’utopia. Se invece non raggiungerà il 37%, e magari non otterrà il secondo turno a Bologna o Firenze e sarà superata dalla Lega al Nord, per il Pdl paradossalmente si potrà parlare di sconfitta.
Discorso opposto per il Pd, che nell’aprile 2008 ebbe il 33,1% (con i radicali), e fu un disastro. Ora, come ha osservato Claudio Velardi, Franceschini festeggerebbe un altro arretramento del 5-6%. Per il Pd sarebbe dunque un trionfo confermare il dato di un anno fa e mantenere le amministrazioni locali più significative. Ma Franceschini potrebbe essere abbastanza soddisfatto attestandosi al 28%, che lui stesso ha indicato come la «linea del Piave». Mentre sarebbe un tracollo se, come ha vaticinato Giulio Tremonti, la sua forza elettorale si riducesse allo zoccolo duro appenninico.
Sull’orlo del baratro Sotto il discrimine del 28% si aprirebbe il baratro, con il Pd - reduce da una campagna elettorale appaltata a Repubblica - ridotto alla semplice somma dei voti dei vecchi Ds più Margherita, con la metà dei consensi dell’attuale maggioranza. Franceschini ripete che l’obiettivo è impedire che la coppia Berlusconi-Bossi superi il 50%; in realtà la vera posta in palio, oltre che la sua poltrona di segretario, è la sopravvivenza stessa del Partito democratico e del progetto riformista. Sul Partito democratico incombe anche la minaccia dell’astensionismo dei tanti delusi.
La battaglia per il Nord La Lega parte dall’8,3% del 2008. È data in crescita. L’obiettivo di Bossi è di andare in doppia cifra, cioè raggiungere o superare il 10%. Se a questo risultato si aggiungesse il primato di voti in Veneto, si potrebbe parlare di trionfo. Nella cosiddetta Padania si gioca un derby casalingo. Bossi e Berlusconi hanno chiuso assieme la campagna elettorale promettendosi fedeltà eterna; tuttavia la competizione nelle regioni più produttive è reale, tanto più che il premier ha promesso alla Lega la guida di una regione se il Carroccio avrà più voti del Pdl. Anche per gli uomini di Bossi si potrà dunque parlare di sconfitta se, dopo aver ottenuto il federalismo fiscale più le ronde e i respingimenti, dalle urne europee non raccoglieranno il 9% e il vantaggio sul Pdl resterà un fenomeno locale a macchia di leopardo.
L’incognita Di Pietro Con Bossi, l’altra grande incognita del voto è l’Italia dei valori. Finora Di Pietro ha incarnato la protesta degli irriducibili anti-Berlusconi: altri collanti non ce ne sono. Nelle ultime settimane la caccia agli scontenti trasversali ha fruttato l’adesione di intellettuali delusi dal Pd. Tonino non ha posto limiti alla provvidenza elettorale: per lui sarebbe un trionfo strappare il 10% che qualche sondaggio è arrivato ad accreditargli, un buon risultato conquistare l’8 ma una brutta sconfitta stare al di sotto.
Moderati a oltranza L’Udc ha puntato sul ceto medio, scommettendo tutto sull’equidistanza dai due principali contendenti e la lontananza dai toni più esasperati, insomma sulla sobrietà e sui valori che gli altri non incarnerebbero. La base di partenza è il 5,6% delle politiche. Si può dire che avrà trionfato se supererà l’8%, che sarà soddisfatta se otterrà il 7 e che sarà andata male se quel 7 non lo sfiorerà.

Occhio anche a Guazzaloca a Bologna.
Risultato obbligato Per tutti gli altri (Radicali, Movimento per l’autonomia di Lombardo, Sinistra e libertà, Comunisti) sarà un trionfo se valicheranno lo sbarramento del 4%. Tutto il resto è voto inutile.

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