Parole, parole, parole. Soltanto parole. Mina già lo cantava nel 1972, ma la lezione del brano sembra essere tornata utile sul palco del concertone del Primo Maggio. Ieri da piazza san Giovanni, a Roma, la conduttrice Ambra Angiolini si è scagliata contro quelle che in fin dei conti sono solo parole. "Avvocata, ingegnera, architetta: tutte queste vocali in fondo alle parole saranno armi di distrazione di massa?", ha detto l'attrice e cantante, lasciando forse di stucco la stuola di radical chic che gioivano nel vederla alla conduzione del carrozzone del Primo Maggio per la sesta volta. "Le parole ci fanno perdere di vista i fatti. E i fatti sono che una donna su cinque non lavora dopo un figlio, che guadagna un quinto in meno di un uomo che copre la stessa posizione", ha detto snocciolando i dati.
Persino l'ex valletta di Non è la Rai sembra esserci accorta della contraddizione portata avanti da chi - Michela Murgia, Laura Boldrini e compagne in primis - vorrebbe farci credere che sia sufficiente non una parola, ma una sola vocale a cambiare tutto. Da chi non vede l'ora di storpiare la lingua italiana, facendola passare come una grande "conquista", convinti che tanto basti a risolvere finalmente la questione femminile e dare alle donne quello che meritano.
"Non lo diceva già la Costituzione nel 1948 che la donna doveva avere gli stessi diritti dell’uomo nell’art. 36? Che ce ne facciamo delle parole?", ha detto Ambra. Dal palco rosso per eccellenza, l'attrice ha tirato una bella bordata alle femministe "de sinistra" che pretendono di sapere cosa è meglio per tutte, impartendo una lezione ai fan della lingua di genere: le battaglie da combattere sono altre e ben più importanti di una vocale a fine parola.
E se è vero che la lingua descrive la società, è anche vero che di certo non basta mettere una "a" alla fine della parola per cambiare il mondo. È solo un contentino che allontana il dibattito dalle cose serie. Oltre a creare una comprensibile irritazione nell'opinione pubblica, le femministe causano anche l'effetto opposto rispetto a quello che vorrebbero raggiungere: è di pochi giorni fa il sondaggio della Fondazione Bruno Kessler secondo cui farsi chiamare "avvocata" testimonia una minore affidabilità rispetto al maschile (e neutro) "avvocato". Ambra lo ha capito e non risparmia una frecciata finale ai cultori del politicamente corretto: "Voglio proporre uno scambio: riprendetevi le vocali in fondo alle parole al femminile, ma ridateci il 20% di retribuzione. Pagate e mettete le donne in condizione di lavorare. Uguale significare essere uguale. E finisce con la e".
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