La Rivoluzione francese viene ricordata come uno degli eventi cardine della Storia occidentale, uno spartiacque tra il mondo antico e quello moderno. Protagonista, suo malgrado e, nello stesso tempo, vittima del fuoco della ribellione che cancellò l’Ancien Régime fu la regina Maria Antonietta (1755-1793). Una donna che, da un lato, comprese davvero l’essenza del suo ruolo solo quando fu troppo tardi ma, dall’altro, venne travolta dagli avvenimenti e schiacciata dalle calunnie, da quelle che oggi chiameremmo “fake news”. In particolare vi fu un complotto ai danni della sovrana che minò per sempre la sua già traballante reputazione agli occhi del popolo: l’Affare della Collana. Un intrigo che ha tutti gli ingredienti del romanzo, dalla sete di potere alla smania di ricchezza, dalla voglia di rivalsa allo splendore di un gioiello emblema del fasto della corte francese. Una vicenda intricata che portò Maria Antonietta sulla strada verso il patibolo.
L’ultimo ricamo della Regina
Non molti sanno che nella casa museo di Alessandro Manzoni è conservato l’ultimo ricamo eseguito da Maria Antonietta di Francia prima della sua morte sulla ghigliottina, avvenuta il 16 ottobre 1793. Può sembrare strano che un oggetto simile abbia attraversato la Francia per arrivare nella dimora di uno dei più grandi autori italiani, in via Gerolamo Morone 1, a Milano. La storia del ricamo, che raffigura un puttino biondo che sistema dei fiori in una cesta di vimini (a quanto pare la Regina avrebbe usato come modello il volto di suo figlio, lo sfortunato Luigi Carlo) è molto affascinante.
Dietro la cornice che custodisce il delicato ricamo, come hanno spiegato Il Corriere.it e Harper’s Bazaar, c’è un messaggio della nipote di Manzoni, Vittoria Brambilla, in cui viene rivelato che il lavoro venne realizzato da Maria Antonietta durante il periodo di prigionia al Tempio e poi regalato alla sua insegnante di cucito per ringraziarla del tempo trascorso insieme. La maestra di ricamo, però, non tenne questo ricordo per sempre, come forse molti di noi si sarebbero aspettati, ma preferì donarlo alla scrittrice Sophie de Condorcet, moglie del matematico e filosofo Nicolas de Condorcet.
Neppure Sophie lo conservò per molto, poiché anche lei decise di regalarlo a una sua grande amica: Giulia Beccaria (1762-1841), figlia di Cesare Beccaria (1738-1794, autore della celebre opera “Dei Delitti e Delle Pene”, contro la tortura e la pena di morte, pubblicata nel 1764) e madre di Alessandro Manzoni. Possiamo immaginare il significato profondo di quel dono: il ricamo realizzato da una Regina condannata a morte che arrivò in casa della figlia del giurista illuminista a cui dobbiamo un testo fondamentale nella storia del diritto penale.
Il ricamo di Maria Antonietta è, ancora oggi, il simbolo della prigionia e della sofferenza di questa sovrana. Un calvario che iniziò prima ancora dell’arresto e dello scoppio della Rivoluzione francese, con una cospirazione e, insieme, una truffa a tratti incredibile, che fece da detonatore all’odio covato contro la famiglia reale francese e la monarchia.
Il collier che Maria Antonietta non voleva
Nella seconda metà del Settecento i gioiellieri parigini Charles Auguste Böhmer e Paul Bassenge crearono un preziosissimo collier di diamanti, del valore di oltre un milione e mezzo di livres, allo scopo di venderlo alla contessa Du Barry, favorita di Luigi XV (1710-1774).
Il Re, però, morì di vaiolo il 10 maggio 1774, prima che i gioiellieri riuscissero a completare la vendita. Così decisero di proporlo ai nuovi sovrani, Luigi XVI (1754-1793) e Maria Antonietta. La coppia reale rifiutò di acquistare la collana: secondo alcune versioni la Regina avrebbe preferito acquistare un vascello. Secondo altre sarebbe stato il monarca a opporsi a un simile dispendio di denaro. In ogni caso il risultato fu che i gioiellieri Böhmer e Bassenge, disperati, si ritrovarono con un collier di inestimabile valore che nessuno voleva. Tentarono perfino di venderlo sul marcato estero. Invano.
In questo frangente entrò in scena Jeanne de Saint-Remy de Valois contessa de La Motte (1756-1791), nobildonna e avventuriera, discendente di Enrico II. Nonostante le origini Jeanne viveva in ristrettezze economiche con il marito, Antoine Nicolas de La Motte. Ambiziosa e decisa a conquistare le ricchezze e il posto a corte che, secondo lei, le spettavano, la donna pensò di architettare un piano diabolico, sfruttando l’ingenuità e le fragilità del cardinale Louis René Edouard de Rohan (1734-1803), che aveva incontrato per la prima volta nel 1781 e l’aveva aiutata a pagare i tanti debiti accumulati negli anni.
Rohan, infatti, aveva un punto debole, un pensiero fisso che proprio non riusciva a togliersi dalla testa: il rapporto inesistente con la regina Maria Antonietta. La sovrana disprezzava il cardinale, poiché convinta che avesse messo in giro dei pettegolezzi su sua madre, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria. Rohan avrebbe fatto qualunque cosa pur di rientrare nelle grazie di Maria Antonietta e ottenerne dei vantaggi economici. Jeanne approfittò proprio di questa impazienza per mettere in atto i suoi propositi.
L’Affare della Collana
Jeanne de La Motte riuscì a convincere Rohan di essere una confidente di Maria Antonietta e di poterlo aiutare a recuperare i rapporti con la Corona. Il cardinale ricevette delle lettere firmate da Sua Maestà, senza neppure immaginare che fossero dei falsi, scritti da un certo Rétaux de Villette su richiesta di Jeanne e non certo dalla Regina. Lo scopo della truffa era semplice: spillare denaro a Rohan. Nelle missive la finta Maria Antonietta chiedeva cifre importanti per finanziare delle opere caritatevoli. Il cardinale, ansioso di compiacerla, le donava tutto ciò che chiedeva. Non si fermò mai a riflettere sull’assurdità di quella situazione, su quanto quella corrispondenza fosse inverosimile.
Jeanne, del resto, non si fermò a delle semplici lettere: convinse il cardinale che la sovrana volesse incontrarlo in segreto, nel Boschetto di Venere, all’interno della reggia di Versailles. Nell’agosto 1784 Rohan si recò, di notte, nel luogo stabilito e credette di vedere e parlare con Maria Antonietta. In realtà si trattava di una sua sosia, la prostituta Nicole Leguay D’Oliva, pagata dalla de La Motte.
La faccenda, già intricata, divenne pericolosa quando ai gioiellieri Böhmer e Bassenge arrivò la voce secondo cui Jeanne sarebbe stata un’amica della Regina. I due pensarono di chiedere il suo aiuto per proporre di nuovo il collier alla coppia reale. La de La Motte non seppe resistere di fronte all’idea della ricchezza che avrebbe ottenuto grazie ai diamanti di quella collana. Come spesso accade in circostanze simili, la smania di ricchezza, l’avidità e la totale assenza di scrupoli furono causa della sua rovina.
Nel gennaio 1785 la nobildonna comunicò ai gioiellieri che Maria Antonietta avrebbe acquistato il collier, ma a rate e attraverso un intermediario. Precauzioni necessarie dato il costo del gioiello, che di certo avrebbe suscitato il malcontento popolare. Inutile dire che Jeanne convinse Rohan a fare da tramite, mostrandogli un falso biglietto in cui Maria Antonietta lo avrebbe autorizzato a occuparsi dell’acquisto.
La collana finì nelle mani della contessa e di suo marito, che ne rivendettero i diamanti. Alla scadenza della prima rata nessuno pagò ai gioiellieri quanto dovuto e questi chiesero di parlare con Maria Antonietta, spiegandole l’accaduto. La Regina negò di aver mai voluto comprare la collana e l’inganno venne scoperto.
La Regina è innocente
Il cardinale Rohan venne arrestato e portato alla Bastiglia il 15 agosto 1785. Le autorità catturarono anche Nicole Leguay, Rétaux de Villette e Jeanne de la Motte, ma non Antoine Nicolas de La Motte, riuscito a fuggire in Inghilterra. Rohan, giudicato dal Parlamento, venne assolto. Stessa sorte per la Leguay. I conti de La Motte, invece, furono condannati all’ergastolo e Jeanne anche alla flagellazione e a essere marchiata con la “V” di “voleuse”, cioè “ladra”.
Nel giugno 1786 la nobildonna riuscì a fuggire dal carcere di Salpȇtrière e arrivò a Londra nell’agosto 1787, dove rimase fino alla sua morte, il 23 agosto 1791. Il verdetto di assoluzione di Rohan deluse profondamente Maria Antonietta, che sperava in una pena esemplare. Il Parlamento, comunque, credette nell’innocenza della Regina e anche gli storici sono d’accordo sul fatto che nulla la legasse all’Affare della Collana.
I francesi, però, erano di tutt’altro avviso, convinti che la sovrana dovesse essere per forza colpevole. In fondo il cardinale era riuscito a dimostrare la sua estraneità ai fatti, mentre tutti conoscevano la passione di Maria Antonietta per abiti e gioielli. Come poteva essere attendibile la versione secondo cui la Regina avrebbe rinunciato ad acquistare il favoloso collier di Böhmer e Bassenge? Invece le cose andarono proprio così, ma i sudditi avevano già deciso. L’intrigo compromise definitivamente la scarsa popolarità di Maria Antonietta, accrescendo sospetti e pettegolezzi sul suo conto, che sarebbero stati usati contro di lei durante la Rivoluzione.
La truffa fu l’inizio della fine per Sua Maestà e per la monarchia francese. Terreno fertile che favorì il rafforzamento delle condizioni che si erano già create e che ben presto sarebbero sfociate nella ribellione. L’Affare della Collana macchiò a vita il nome di Maria Antonietta, rendendola invisa alla Francia intera. In un certo senso rappresentò il punto di non ritorno per la sovrana.
La fase iniziale di un rapido declino che l’avrebbe portata dai fasti di Versailles alla ghigliottina, passando per una durissima prigionia, durante la quale la ex Regina di Francia cercava di tenersi occupata ricamando e, forse, pensando a un passato che non sarebbe più tornato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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